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I giganti del mare 51


– Cosa sono queste boete, innanzi tutto, – chiese Oll Johannesen, il secondo cuoco di bordo.

– Già tu non puoi intenderti che di pentole e di cattivi pasticci, – disse Andresen ridendo. – Sappi adunque che sono banchi formati di piccolissimi crostacei, e di cui sono molto ghiotte le balene. Si estendono quei banchi per molte e molte miglia e si chiamano la zuppa delle balene.

– Se ne pescheremo anche noi proverò a farvi una zuppa. Dovrebbe riuscire eccellente.

– Bada con le tue zuppe!... S. A. R. ed i suoi compagni si lamentano della tua cucina, te ne avverto, cuoco infernale.

– Ne parlerò al primo cuoco.

– Avanti la storia, – dissero Hansen, il velaio di Laurvik, e Olanssen il carpentiere.

– Giunto nei pressi dello Spitzbergen, – riprese il giovane nostromo, – il capitano Namdal aveva notato sull’acqua del mare delle grandi macchie oleose le quali indicavano il recente passaggio di quei giganteschi cetacei, e siccome quelle tracce si delineavano in direzione della baia della Recherche, s’affrettò a dirigere la nave in quella direzione, con la certezza di fare qualche grossa preda. Ventiquattro ore dopo, la nave baleniera si trovava nei paraggi della baia. Il mare, da azzurro indaco era diventato brunastro presso quelle coste selvagge e ciò indicava la presenza della zuppa delle balene.

Il capitano Namdal fece preparare le scialuppe e caricare i cannoncini, come pure gli arpioni da lanciarsi a mano e le lenze.

Era calata la sera, una sera oscurissima, essendovi in alto una densissima nebbia. Verso le due del mattino, il veliero urtava violentemente contro una massa enorme, che pareva galleggiasse a fior d’acqua, ma che invece d’opporre resistenza, subito si spostò, mandando una nota acuta, metallica, come se fosse stata prodotta da una violenta corrente d’aria cacciata entro un gran tubo di bronzo.

Mio cugino, che si trovava di guardia sul ponte, si slanciò verso prora assieme al capitano ed al mastro fiociniere.

Dinanzi allo scafo non v’era più nessuno, però ormai non potevano ingannarsi su quello che era accaduto. La nave aveva urtata una balena sonnecchiante a fior d’acqua.