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42 Capitolo quinto

sguardi però cercavano di preferenza le vette delle montagne che si disegnavano in lontananza, al di là dei fjords.

Su quelle spiagge molte navi s’incrociavano colla Stella Polare e talune, riconoscendola, salutavano ammainando tre volte le bandiere, gentile saluto a cui subito rispondeva il Duca.

Anche una baleniera, riconoscibile per i suoi fornelli situati a poppa e pel numero delle sue scialuppe, fu raggiunta. Era un piccolo legno, a due alberi, dalla prora tagliente, con uno sviluppo straordinario di vele.

– Mi sembra l’Herta, – disse il capitano Evensen, dopo d’averla osservata attentamente. – Parte un po’ tardi, a dire il vero, però farà egualmente buona caccia. Il capitano Ole Förgensen è un lupo di mare che sa sempre cavarsela bene.1

– Una delle nostre navi? – chiese l’ingegnere Stökken.

– È di Sandyfjord, cioè della mia città natale, – rispose il capitano. – La conosco benissimo; è la più piccola delle navi baleniere, non stazzando più di duecentocinquanta tonnellate.

– Con venticinque uomini d’equipaggio, capitano, – disse Andresen, il giovane mastro, che stava chiacchierando con le quattro guide alpine e con Cardenti.

– Ciò vuol dire che ve ne sono altre più grandi, – disse l’ingegnere.

– La maggiore era questa, la Stella Polare, parlando sempre delle navi baleniere a vapore. Ora è il Niord d’Oremberg, poi vengono il Viking, quindi la Cappella, che probabilmente incontreremo più tardi nelle acque della Terra di Francesco Giuseppe.

– Dove andrà l’Herta a cercare i grandi cetacei? – chiese l’ingegnere.

– Sulle coste nord-est della Groenlandia, – rispose Andresen. – L’ho saputo da un mio amico che si è imbarcato come ice-master.

– Sì, là le balene sono ancora numerose, – disse il capitano Evensen. – Io ne ho cacciate parecchie su quelle coste.



  1. A bordo dell’Herta si era pure imbarcato un ufficiale della marina italiana, il signor Giulio Schok, il quale fece parte della campagna di pesca, tornando poi con l’incrociatore norvegese Heimdal.