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30 Capitolo quarto


Cardenti, eterno chiacchierone, scambiava parole con gli uomini dell’equipaggio che ben poco lo comprendevano, ma che pure, per cortesia, lo ascoltavano egualmente, sorridendo.

Andresen, il giovane nostromo, che bene o male masticava la lingua francese, spiegava alle quattro guide alpine l’itinerario del viaggio, e s’ingegnava a dare loro una pallida idea delle regioni polari.

– Faremo molte fermate lungo la via? – chiedeva Ollier.

– Tre sole, – rispose Andresen, – oltre una piccola tappa a Laurvik.

– Ah!... Ci fermeremo ancora a Laurvik?

– Poche ore solamente. Questa notte salperemo definitivamente pel mare del Nord.

– E dove ci fermeremo poi?

– A Tromsoe, a Vardoe, e poi ad Arcangelo dove faremo le nostre ultime provviste di carbone, ed imbarcheremo i centoventi cani che ci condurrà Ivanowik Trontheim.

– Chi è quel signore? – chiese Petigaux, il più esperimentato delle guide alpine, che aveva già seguìto il Duca nella meravigliosa ascensione del Sant’Elia.

– Un allevatore di cani della Siberia occidentale.

– Che verrà con noi?... – chiese Ollier.

– Oh no, – rispose Andresen. – Egli non lascerà, a nessun prezzo, i suoi canili. Un gran brav’uomo d’altronde, che si vanta di possedere delle razze scelte, e che provvide anche il nostro Nansen.

– Ditemi, signor Andresen, – chiese Ollier. – È vero che i cani rendono preziosi servigi in mezzo ai ghiacci?

– Sì, se sono però di buona razza. Non fatevi tuttavia troppe illusioni sulla loro obbedienza. Sono molto selvatici, testardi, ed anche maligni, specialmente quelli di razza esquimese, i quali non derivano altro che da un incrocio di lupi, avendo la stessa taglia, l’egual pelame, e gli sguardi cupi, feroci. Però quelli che ci fornirà Trontheim devono appartenere ad una razza meno selvatica ed anche più robusta.

– Sono molto resistenti?