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28 | Capitolo terzo |
La folla addensata sulle gettate si agita. Si direbbe che è impaziente di prorompere in un urlo formidabile.
Alle undici una seconda lancia si stacca dal molo e abborda la Stella Polare.
Salgono a bordo Nansen, il celebre esploratore, sua moglie, il pittore Werentkiold, pure con la moglie e la signora Ibsen, moglie del famoso commediografo; una seconda scialuppa conduce il console italiano Hallager con la sua signora, il vice-console di Aars e il pubblicista Ojetti corrispondente del Corriere della Sera.
La signora Hallager consegna al Duca uno splendido mazzo di fiori coi colori italiani e norvegesi intrecciati e fa gli ultimi auguri; mentre Nansen gli dà gli ultimi consigli.
Il momento della partenza è giunto, ma manca ancora il primo macchinista norvegese. Cagni dà ordine di chiamarlo con la sirena.
Dapprima l’urlo rauco della macchina non ha effetto alcuno, ma alla sua sesta o settima chiamata anche l’ingegnere di macchina si fa vivo e si fa condurre velocemente a bordo.
È il momento di salpare. La bandiera italiana, senza corona reale, sventola a poppa; la fiamma norvegese è spiegata sull’albero maestro, e quella italiana sul trinchetto.
Si fanno gli ultimi addii. Il Duca, commosso suo malgrado, stringe la mano e ringrazia caldamente Nansen, poi le signore, Frigerio, Werentkiold, il capitano del porto, il console di Christiania, ed il vice-console di Aars.
– Sgombrate!... – si grida dal ponte di comando, mentre la sirena lancia i suoi poderosi fischi.
Tutti scendono nelle scialuppe. Nansen è l’ultimo e agita il berretto in segno di saluto, guardando un’ultima volta il Duca. Chissà!... Forse in quel momento invidiava quel giovane ardimentoso, che muoveva alla conquista del polo, lui, il vecchio navigante dei mari artici, ed il più fortunato degli esploratori delle gelide regioni!
Il Duca è sul ponte di comando assieme al Cagni, a Querini, a Cavalli ed al capitano Evensen. Tutti agitano i berretti salutando la folla che agita i fazzoletti e che manda urrà assordanti.
Un fremito d’entusiasmo aleggia sul fjord.
La tuonante voce di Cardenti si fa udire a prora, fra le grida