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300 | Capitolo undicesimo |
mando di Cagni, si compone di dodici persone. Querini, Cavalli, le quattro guide, Cardenti, Canepa e tre norvegesi.
Tutti sono di buon umore e risoluti a spingersi verso il polo con una marcia rapida. I cani latrano giocondamente.
Gli addii sono commoventi. S. A. R. stringe vigorosamente la mano a tutti, rammentando loro che si tratta dell’onore italiano ed incitandoli a fare il loro dovere ed essere obbedienti al capo della spedizione.
Passa in rivista gli uomini, i cani e le slitte e dà, con voce commossa, il segnale della partenza.
Le fruste scoppiettano, i cani abbaiano e la carovana si mette in marcia fra gli urrà dei norvegesi che rimangono a guardia del campo e della Stella Polare.
Quel primo tentativo non doveva avere felice successo. Forse era ancora troppo rigido il clima per poterlo sfidare e per poter dormire sotto piccole tende appena riscaldate da lampade.
La spedizione non è ancora giunta all’altezza del Capo Germania che scoppia un furioso uragano di neve. È una tormenta formidabile che non si può sfidare impunemente e che accieca e soffoca uomini e cani.
I termografi a minimo segnavano sui palks –52°, il che non provava che quella fosse la temperatura più bassa, poichè gli apparecchi non potevano indicare di più. Come resistere a simili temperature?…
Per maggior disgrazia i cani, che non sanno più trovare i passaggi migliori fra quel turbinìo di neve, spezzano le slitte contro le asperità dei ghiacci.
Il disastro è completo e la spedizione, impotente a reggere a quei freddi terribili, non ostante la sua energia ed il suo buon volere, si vede costretta, due giorni dopo la sua partenza, a ritornare all’accampamento da cui era partita così piena di speranze.
Quella decisione fu certamente saggia e probabilmente salvò la spedizione da una morte certa, poichè le burrasche di neve dopo quell’epoca si successero costantemente e con tanta furia da mettere in serio pericolo perfino gli accampati.
Vi fu anzi un giorno che la neve cadde in tanta copia da sep-