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296 Capitolo decimo


I cani, nella loro pazza corsa, erano precipitati giù da un dirupo da un’altezza di sette od otto metri trascinando con loro la slitta ed il capitano.

Prima che questi avesse potuto alzarsi e dare il segnale di pericolo anche la slitta montata dal Duca precipitava e fu un vero miracolo se non gli cadde addosso.

Rimasero un momento intontiti, poi cercarono di uscire da quella specie di trappola, non avendo riportato che delle escoriazioni di poco conto.

La neve cadeva allora con rabbia estrema ed il freddo era diventato così intenso da costituire un vero pericolo. Un cane era morto, schiacciato da una delle due slitte.

Fortunatamente le guide non erano lontane e riuscirono a trarli dal cattivo passo.

Intanto gli uomini rimasti al campo, vedendo la tormenta aumentare, si erano messi in moto sonando le campane e accendendo delle fiaccole.

Quando gli esploratori giunsero alla tenda fu constatato che S. A. R. aveva il medio e l’anulare della mano sinistra congelati, e Cagni l’indice della mano destra.

Fu subito tentata, dal dottor Cavalli, la scongelazione, ma i rimedi a nulla valsero pel Duca. La carne ormai era diventata come morta ed il sangue non arrivava più fino alle estremità delle due dita.

Le due falangi furono di necessità amputate, operazione che il Duca subì con calma stoica, rimanendo a letto un solo giorno.

Ciò non impedì però che la festa di Natale fosse solennizzata con grande sfarzo: banchetto poco meno che luculliano, innaffiato da eccellenti bottiglie di champagne, musica e fuochi d’artificio.

Quanti augurii in quel giorno e quanti evviva all’Italia, al Re e alla buona Regina che, come nelle altre occasioni, si era ricordata di quei bravi marinai, regalando loro delle scatolette contenenti svariati doni di valore, sino allora gelosamente custoditi dal Duca.