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292 Capitolo decimo


L’energia veniva meno, i lavori sembravano eccessivamente pesanti a tutti, ed una specie di torpore invadeva di quando in quando i membri della spedizione.

Però la temperatura si manteneva abbastanza elevata, soprattutto nella grande tenda, anzi talvolta era necessario lasciar entrare un po’ d’aria.

All’esterno invece la temperatura oscillava fra i trenta ed i quaranta gradi sotto lo zero, e quando gli esploratori erano costretti a uscire per sbarazzare la neve o per recarsi ai magazzini a far carbone, tornavano con le vesti coperte da uno strato di ghiaccio.

Era quello il momento terribile pel cuoco, poichè quelle vesti, per sgelarle, venivano senz’altro appese sopra il fornello della cucina.

Zini sagrava come un turco e protestava fieramente, gridando che la sua cucina non era un asciugatoio e nemmeno un armadio, e che le sue pentole nulla avevano da fare colle vesti, ma poi finiva in una allegra risata. Il suo buon umore non veniva mai meno.

Quando il tempo lo permetteva, gli esploratori uscivano ad ammirare gli splendori dell’aurora boreale.

Ormai la luce era completamente scomparsa e al di fuori regnava una notte così buia, da non poter distinguere un oggetto a dieci passi di distanza. Quando poi scendeva la nebbia, non si poteva nemmeno scorgere la punta del naso.

Quella cupa tenebra però di quando in quando veniva rotta dalle aurore polari. Quali splendori allora!... Quale abbondanza di luce!... Era quello lo spettacolo che più colpiva la fantasia delle guide e dei due marinai italiani.

Talvolta appariva verso ponente, vicino all’orizzonte. Cominciava con una massa luminosa formante un immenso drappo pieghettato, poi una striscia gigantesca, una specie di nastro, s’innalzava gradatamente fino allo zenit. Pareva formato d’un pulviscolo luminoso, a tinte svariate e aveva delle contrazioni rapidissime.

Dopo quel primo nastro altri ne succedevano, correndo con velocità straordinaria da ponente a levante ed invadendo tutta la volta celeste. Ora invece correvano in senso contrario, con continue vibrazioni che ferivano gli sguardi.

Le tinte cangiavano e tutti i colori dell’iride si succedevano, si