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280 Capitolo ottavo

nare la sua ultima ora. Si sarebbe detto che i ghiacci del polo volevano punirla di essersi inoltrata tanto verso il settentrione.

L’indomani nuove pressioni si manifestarono fra i banchi col solito accompagnamento di boati, di fischi, di muggiti e di detonazioni assordanti.

L’8 settembre, alle sei e mezzo, mentre il cuoco stava accendendo il fornello, un urto formidabile, tremendo, scuotè la Stella Polare facendo accorrere sul ponte comandanti, ufficiali, marinai e guide.

Un enorme banco di ghiaccio aveva urtato la nave con tale impeto, da farla traballare.

Subito le pressioni ricominciarono con forza estrema. I ghiacci si strinsero addosso alla nave, scrollandola furiosamente.

I fianchi scricchiolano sotto le crescenti strette, i puntali s’incurvano, la tolda minaccia di spezzarsi. Alcuni madieri cedono e s’aprono.

Un grido formidabile s’alza:

– La nave fa acqua!... –

Pur troppo la notizia era vera. Le pressioni avevano sfondato alcune tavole alla linea di galleggiamento e l’acqua entrava a torrenti inondando la stiva e la sala delle macchine.

Il signor Stökken si era precipitato sul ponte, gridando:

– Alle pompe!... I fuochi delle caldaie stanno per spegnersi!... –

Il momento era terribile: la Stella Polare stava per affondare.

In mezzo alla confusione cagionata da quella catastrofe inattesa, il Duca, Cagni, Evensen, Querini e lo stesso dottor Cavalli non avevano, per buona fortuna, perduto il loro sangue freddo.

– Alle pompe: marinai!... – aveva comandato S. A. R. con voce energica. – Le guide e gli altri nella stiva a salvare il carico!... –

Non vi era un momento da esitare: l’avarìa poteva essere grave e causare la perdita della nave. Era quindi cosa urgente portare a terra quante provvigioni si potevano e soprattutto i cani, se non si voleva troncare d’un sol colpo la futura marcia verso il polo.

Mentre alcuni marinai forzavano la porta della camera comune per sfuggire all’acqua che invadeva rapidamente la cabina, e altri si precipitavano alle pompe, le guide con Cardenti e Canepa s’erano precipitate nella stiva per gettar fuori il carico.