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268 Capitolo settimo


Queste foche misurano due metri dal muso all’estremità deretana, hanno la testa molto grossa, il muso gonfio, le unghie ricurve e assai robuste e la coda larga.

Il loro pelame è setoloso, un po’ sollevato, color bruno nocciuola o nero a macchie ovali.

Sono meno numerose delle altre, anzi è raro a trovarle in parecchie, e sono di umore battagliero e anche le più difficili a uccidersi, essendo il loro berretto quasi impenetrabile alle palle. Assalite si difendono coraggiosamente e non di rado riescono a rovesciare le barche montate dai pescatori.

Oltre le foche si vedeva comparire anche qualche orso bianco, però non si avvicinavano quasi mai a portata di fucile, e quando udivano qualche sparo s’affrettavano ad allontanarsi prendendo un galoppo piuttosto rapido.

– Sono diffidenti, – diceva Cardenti. – Quando però saremo a terra, voglio farmi preparare dei manicaretti d’orso bianco. –

Verso gli ultimi d’agosto la Stella Polare giungeva nei pressi dell’isola Elisabetta, una terra assolutamente deserta, dalle coste ripide, contornate da vecchi ice-bergs e coperta in gran parte da nevischio.

Fu presso quell’isola che la valorosa nave fece l’incontro di banchi enormi, tali da impedirle di poter procedere più oltre.

Canali non se ne vedevano in alcuna direzione. Il ghiaccio era dovunque massiccio, assolutamente inattaccabile.

– Che siamo costretti a retrocedere o trovare qui qualche baia ove svernare? – chiese il tenente Querini al capitano Evensen.

– Siamo appena all’81° grado e S. A. R. vuole toccare almeno l’82°.

– Se vi giungeremo.

– Questi ghiacci s’apriranno, signore, – disse il capitano, guardando lontano. – Ci sono delle pressioni laggiù, e domani troveremo qualche canale.

– E dove andremo a svernare?

– Non lo possiamo sapere ancora. Sarei però contento se potessimo giungere almeno alla baia di Teplitz. M’hanno detto che colà si può trovare un buon ancoraggio.

– E più innanzi non potremo trovarne? – chiese il tenente.