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L’incontro con la «Cappella» 263

tardi possibile, cioè fino all’incontro cogli ice-fields inattaccabili, ossia cogli immensi campi di ghiaccio.

Il tempo, disgraziatamente, andava sempre più abbuiandosi e quantunque si fosse in piena estate, di quando in quando, dal settentrione, soffiavano venti freddi i quali accennavano ad aumentare.

Delle nebbie ondeggiavano costantemente pel cielo, impedendo a S. A. R. ed ai suoi compagni di fare le loro osservazioni. Si sentiva già per l’aria l’avvicinarsi del terribile inverno polare: ed erano in pieno agosto!...

La Stella Polare però non si arrestava per cercare la baia che doveva servirle di svernamento. Approfittava di quel po’ di mare libero per spingersi verso il settentrione.

I ghiacci tuttavia non mancavano. Nell’immenso canale si vedevano errare capricciosamente, in balia delle onde, banchi di ghiaccio ed ice-bergs in buon numero, che però lasciavano degli spazi sufficienti pel passaggio della nave.

– Non andremo molto lontano, – disse un giorno l’ingegnere Stökken al tenente Querini che stava chiacchierando con le guide. – L’inverno si avanza a gran passi.

– Di già? – chiese il tenente, stupito.

– Guardate, signore: gli uccelli marini cominciano a fuggire verso il sud e questo è un brutto indizio.

– Andremo egualmente innanzi, signor Stökken.

– Non vi fa paura l’inverno polare?

– Se non ha fatto paura al mio glorioso avo perchè dovrebbe spaventare me?

– Cosa volete dire, signor tenente?...

– Che un mio avo si è pure spinto nei mari freddi, senza aver avuto paura dei ghiacci, – rispose il tenente. – Ed in quell’epoca, ve lo assicuro, non si aveva ancora molta conoscenza coi mari nordici.

– Cosa mi raccontate, signor tenente?

– Una storia vera, signor Stökken.

– Un vostro antenato s’è spinto fino a questi paraggi?

– Oh!... Non molto innanzi, signor Stökken, però per quei tempi era già un viaggio considerevole. Rimonta nientemeno che al 1431.