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Il Canale Britannico 243


Il ghiaccio ha ceduto e un largo solco s’apre dinanzi alla nave, ma non basta.

– Macchina indietro!... Avanti a tutto vapore!... –

La Stella Polare indietreggia per prendere lo slancio, poi si avventa, come toro infuriato, contro il pak, investendolo vigorosamente.

Il ghiaccio che aveva uno spessore di sessanta o settanta centimetri, s’apre con uno scroscio orrendo e un altro crepaccio si forma più innanzi.

L’urto è così forte che i marinai e le guide cadono sulla coperta, l’uno addosso all’altro.

Anche il giovane Duca ed i suoi ufficiali si urtano, mentre la nave si sbanda.

Non importa!... Avanti ancora, avanti sempre! Un canale s’apre poco lontano e si prolunga attraverso il pak.

– Raggiungiamolo!... – grida il Duca.

La Stella Polare infuria. Il suo sperone, a prova di scoglio, assale nuovamente il banco.

La nave urta poderosamente, spezza, lacera, frantuma fra scrosci orrendi e trabalzi disordinati; s’impenna come un cavallo vivamente spronato, s’alza, poi ricade con un rimbombo sonoro che si ripercuote lugubremente nelle profondità della stiva.

A quei colpi, a quegli scrosci sempre più violenti, gli uccelli marini fuggono mandando strida di spavento, mentre le foche che sonnecchiano presso i loro buchi o sui margini del campo di ghiaccio, s’inabissano fragorosamente, nuotando attraverso i canali.

Un passaggio appare dinanzi alla prora. Fin dove giungerà?... Sarà sufficiente per la mole della nave?

Non importa.

– Avanti! – comanda il Duca.

La Stella Polare s’avanza fra i ghiacci frantumati dal suo sperone, rovescia e spezza i lastroni, urta impetuosamente gli hummoks, i palks, gli streams, attacca nuovamente il pak e passa dall’altra parte, slanciandosi nel canale.

Il pericolo è grave. Quell’apertura, sotto le pressioni dei ghiacci, può da un momento all’altro rinchiudersi, stringere la nave come fra una morsa e farla prigioniera, ma nessuno vi pensa.