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Il Capo Flora | 227 |
della spiaggia, dei corpi nerastri, di forma allungata, che dal tenente Querini furono riconosciuti per foche e morse.
– Che sia possibile catturarli?... – chiese Ollier al tenente, il quale continuava a sparare contro i volatili che gli passavano a tiro.
– Domani il Duca andrà a sparare contro quegli anfibi, – rispose il tenente. – Oggi è troppo occupato nei suoi calcoli.
– Ci fermeremo molto qui?...
– Due o tre giorni, cioè il tempo necessario per scaricare delle provviste sufficienti per otto mesi.
– Vi sono quelle lasciate dagl’inglesi, signore.
– Sono di proprietà dei naufraghi, e siccome noi non abbiamo ancora naufragato e provviste ne abbiamo a esuberanza, faremo il nostro deposito particolare.
– Allora noi nel ritorno verremo ancora qui.
– E chi ve lo dice, Ollier?
– Se teniamo qui delle provviste...
– Si depositano per misura di precauzione. Supponete che i ghiacci spezzino la nostra nave; cosa avverrebbe di noi, su questa terra desolata, se non avessimo un rifugio ben provvisto?
– È vero, signor tenente. E dove metteremo i nostri viveri?
– Nella capanna più grande che è quella che abitava Jackson e che abitò anche Nansen.
– E poi continueremo verso il nord?
– Sì, Ollier.
– E fino dove ci avanzeremo?
– Fino a che ce lo permetteranno i ghiacci, poi andremo innanzi coi cani e le slitte. Se poi...
– Signor tenente!... – esclamò ad un tratto Ollier.
– Cosa desiderate?
– Vedo i miei compagni che salgono rapidamente quel valloncello! Che abbiano trovate le tracce di qualche orso?
– Mi pare che vadano cercando dei fiori.
– Vedo che gesticolano.
– Indovino il loro motivo. Vedo anche il dottor Cavalli che fa gesti di stupore.
– Cosa possono aver trovato?...