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La scoperta della Terra di Francesco Giuseppe 213

bufere che soffiano dal nord spazzando tutte le isole, pesanti nebbioni che salgono dal mare e che tutto avvolgono.

Quando però il sole, dopo centotrentacinque o centoquaranta giorni di tenebra continua, comincia ad apparire, innalzandosi sempre sull’orizzonte fino a che non tramonta quasi più, anche su quelle terre desolate la vita si risveglia. Le pianticelle cominciano a spuntare attraverso la crosta gelata, dapprima timidamente, poi più vigorosamente; le rupi, denudate del loro involucro invernale, si coprono di muschi, i papaverini dai petali d’oro riappariscono, gli uccelli marini che sono fuggiti verso il sud durante i freddi intensi, ritornano a stormi immensi, le foche e le morse ripopolano le rive, scaldandosi ai tepidi raggi dell’astro diurno.

Ahimè! Quell’orgia di luce è ben breve! Quella vita ha una durata ben meschina.

Agli ultimi d’agosto le prime nevi ricominciano a cadere, i ghiacciai rovesciano in mare, con orribili rimbombi, i loro ice-bergs, i campi di ghiaccio ricompariscono e l’inverno torna a piombare.

Guai alle navi che tardano ad abbandonare quei paraggi! Chissà se torneranno, l’anno seguente, in patria.

La scoperta di queste isole la si deve alla spedizione austriaca del Tegetthoff, comandata da Payer, tenente della marina austro-ungarica, e composta quasi esclusivamente d’italiani del Tirolo e della costa Dalmata.

Il Tegetthoff era salpato da Bremerhafen, alla foce del Weser, il 13 giugno 1872 coll’intenzione di esplorare i mari situati all’est dello Spitzbergen e di tentare la scoperta del passaggio del nord-est, spingendosi possibilmente fino allo stretto di Behering.

Al nord della Nuova Zembla, la nave veniva invece imprigionata da un immenso wake1 e trascinata lentamente prima verso il nord-est, e dopo lunghi e capricciosi giri verso il nord-nord-ovest.

L’inverno polare sorprende gli esploratori in pieno oceano Artico, senza che si siano potuti liberare dalla loro prigione di ghiaccio, malgrado gli sforzi reiterati dell’equipaggio, di Payer e di Weyprecht, che ne erano i comandanti.



  1. Banco di ghiaccio racchiudente nel mezzo un bacino.