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206 | Capitolo settimo |
Il governo americano, inquieto per l’assenza completa di notizie da parte di quei valorosi esploratori, arma il Proteo ed anche questo, dopo una difficilissima navigazione, viene arrestato presso il Capo Sabine.
I ghiacci gli si stringono addosso, lo accerchiano, lo schiacciano e l’oceano Artico lo inghiotte.
Il suo equipaggio viene salvato con molti stenti da una nave baleniera che incrociava in quei paraggi e ricondotto in patria.
Quando il governo degli Stati Uniti apprese la notizia di quel disastro, la costernazione fu generale. Tutti ormai erano convinti della perdita totale dei membri della spedizione.
Quei disgraziati non avevano viveri che per un solo anno e non era possibile rifornirli prima del ritorno della nuova stagione.
L’anno seguente, appena lo stato dei ghiacci poteva permetterlo, due nuove navi vengono mandate: il Bear ed il Thelis.
Esse dopo molti sacrifici riescono a raggiungere l’isola Littleton e trovano intatti i viveri sbarcati dal Nettuno.
Greely non vi si era dunque recato.
Si fanno delle esplorazioni lungo le spiagge dell’isola e si riesce a trovare in un cairn un rotolo di carte. Appartenevano a Greely e contenevano le note della spedizione fino al 21 ottobre del 1883.
Le due navi stavano per abbandonare l’isola, essendo tutti convinti della morte degli esploratori, quando sulla cima d’una rupe si vide una forma umana.
Le due navi s’arrestano e fanno segnali colle bandiere. Quell’uomo scende penosamente la rupe agitando una piccola bandiera americana. Era così sfinito che ogni dieci passi cadeva a terra.
Finalmente i marinai delle due navi lo raggiungono, lo sollevano e lo portano al capitano del Bear.
Lo si opprime di domande e si viene a sapere che egli apparteneva alla spedizione, e che sette persone erano sopravvissute ai terribili freddi dell’inverno polare.
Quell’uomo era ridotto in uno stato compassionevole. Era un vero scheletro, e le sue mascelle, agitate da un tremito convulso, appena riuscivano ad aprirsi.
«Vive Greely?...
«Sì.