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196 Capitolo sesto


Tutti si erano slanciati verso prora. In mezzo ai vapori si udivano le onde muggire cupamente come se s’infrangessero contro un ostacolo e s’udivano pure dei rombi strani e degli scricchiolii.

Qualche enorme massa di ghiaccio, che la nebbia impediva ancora di discernere, doveva trovarsi dinanzi alla Stella Polare.

– Che sia qualche ice-berg? – chiese il tenente Querini ad Andresen.

– Temo, signore, che si tratti di ben’altro! – rispose il nostromo.

– D’un banco?

– Sì, signor tenente.

– E non potremo passare?

– Forse vi sarà qualche canale ma con questa nebbia non sarà cosa facile a trovarlo. Anche scoprendone uno, chi oserebbe cacciarvisi dentro? Potrebbe essere chiuso ed intanto il ghiaccio potrebbe pure rinchiudersi attorno a noi.

– Ghiacci a poppa! – gridò in quel momento un marinaio.

– Ci si stringono addosso, – disse Andresen. – Che la Stella Polare debba subire la sorte del Tegetthoff di Payer? Deve essere stato imprigionato in questi paraggi. –

Una viva emozione regnava a bordo, impadronendosi di tutti, anche del capitano Evensen. Si trattava della libertà della nave. Se i ghiacci si stringevano, la Stella Polare poteva venire presa e trattenuta forse per lunghi mesi e fors’anche per qualche anno come la nave di Payer.

Il capitano Evensen, assieme a S. A. R. il Duca e Cagni cercavano indarno di rendersi un conto esatto del pericolo che li minacciava. Il nebbione impediva loro di poter distinguere i ghiacci.

Dopo un breve consiglio, decisero di mettersi in panna e di attendere che la nebbia si alzasse.

Il vento soffiava da ponente e vi era speranza che aumentando scacciasse verso levante quelle masse vaporose.

Intanto Andresen aveva comandato di far portare in coperta dei buttafuori, solide aste dalla punta ferrata, che vengono adoperati per respingere i ghiacci e li aveva fatti distribuire lungo i bordi.

Qualche ora dopo la Stella Polare giungeva dinanzi ad una bar-