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Nei paraggi dello Spitzbergen 187

Capitolo V

Nei paraggi dello Spitzbergen


Il 17 luglio il tempo, che fino allora si era mantenuto bensì quasi sempre coperto, ma relativamente calmo, cominciò a cambiarsi.

Una densa nebbia volteggiava in alto, turbinando, mentre dal settentrione soffiavano, di quando in quando, delle poderose folate di vento, delle vere raffiche freddissime.

Larghe ondate, con le creste irte di candida spuma, rotolavano fragorosamente, rompendosi impetuosamente contro la nave. Venivano dalla parte dello Spitzbergen, le une dietro alle altre, accennando ad aumentare. Alcuni ghiacciuoli danzavano disordinatamente ora sulle creste ed ora negli avvallamenti.

La Stella Polare, scossa vigorosamente, trabalzava, poi ricadeva pesantemente sollevando larghi sprazzi d’acqua. Le sue vele sbattevano fortemente scrollando i pennoni, mentre per la coperta rotolavano le corcome di canapa.

Le cabine erano in soqquadro. Le sedie cadevano, i quadri si spostavano, i mobili oscillavano percuotendo le pareti, e le casse e cassette danzavano disordinatamente.

Fra i muggiti delle onde si udivano, ad intervalli, i lamentosi guaiti dei cani. Le povere bestie, non abituate a quegli scrollii incessanti, si lagnavano e se la prendevano gli uni cogli altri, mordendosi a sangue.

Le guide, non ancora abituate alle onde, quantunque avessero già compiuta due anni prima la traversata dell’Atlantico, non avevano osato restare molto sul ponte; chi più chi meno cominciavano a soffrire i primi sintomi del mal di mare, accompagnati da certi sforzi che allagavano, a poco a poco, le cabine.

S. A. R. il duca, Cagni ed il capitano Evensen, si tenevano invece sul cassero non ostante i frequenti trabalzi che subiva la Stella Polare.

Coi cannocchiali scrutavano il fosco orizzonte, presentendo già la vicinanza di ghiacci ben maggiori dei palks e degli streams che rotolavano le onde.