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Il mar Bianco 173


È assai montuosa, con spiagge dirupate, composte di michaschisto e di malachite, e ricca di selvaggina. Non mancano nè orsi, nè renne, nè lupi, nè volpi, ma la sua vegetazione è poverissima, essendo limitata a soli licheni e muschi.

– Andresen, – disse il carpentiere, accostandosi al giovane nostromo, il quale con un cannocchiale osservava attentamente le coste. – Mi pare che la Nuova Zembla sia in vista. La scorgi tu?

– Non sono ancora diventato cieco, amico, – rispose Andresen.

– E la Fraya, la vedi?

– La Fraya?...

– Ci avevi promesso una certa storia a proposito di quella nave. È vero Torgrinsen?

– Verissimo, lo ricordo anch’io, – rispose il secondo macchinista, ridendo.

– Io finirò col diventare il narratore di bordo, – disse Andresen.

– Una carica da aggiungere a quella di nostromo, – seguitò Torgrinsen.

– Infruttifera però.

– Ti pagheremo una bottiglia.

– Vada per la bottiglia. È così eccellente quel vino d’Italia! –

Girò intorno gli sguardi, osservando attentamente le velature, guardò il Duca che stava facendo delle osservazioni assieme ai suoi ufficiali, poi disse:

– Lasciate che accenda la pipa e preparatevi a rabbrividire. La storia della Fraya è una delle più tremende ed è anche una delle più recenti. –

In quell’istante si udì il capitano Evensen gridare:

– Ghiacci a babordo! –

Il giovane nostromo piantò in asso il carpentiere ed il secondo macchinista e si precipitò a prora, dicendo:

– A più tardi la Fraya. Pensiamo a noi, per ora. –

Al grido del capitano tutti erano saliti in coperta issandosi sulle murate per meglio vedere quei primi messaggeri delle regioni polari. Anche le guide, quantunque abituate ai ghiacci delle loro eccelse montagne, erano accorse salendo sul castello di prora.

S. A. R. ed i suoi ufficiali vi erano già.