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Gli orrori delle regioni polari 163


Quali splendori offre però qualche volta anche quell’orribile notte polare.

Quelle tenebre che sembrano anch’esse gelate al pari del mare e dell’atmosfera, tutto d’un tratto s’illuminano d’una luce sanguigna.

L’orizzonte settentrionale, poco prima nero come se fosse di pece, scintilla come per opera magica. Fasce purpuree salgono verso il cielo, con dei tremolii strani, un immenso arco si delinea in un batter d’occhio, formato da getti di luce e che si spiega in frangie scintillanti.

Il cielo sembra in fiamme e l’incendio si propaga arrossando lo spazio. Le stelle impallidiscono e scompaiono; la luna perde il suo splendore e si copre, come se avesse vergogna di non poter lottare con quell’orgia di luce.

Il grand’arco ondeggia come sospinto da un vento furioso e assume tutte le gradazioni dei colori.

Getti di luce rossa, gialla, azzurrognola, verde, s’alzano e s’abbassano, si fondono con un insieme meraviglioso e lanciano nello spazio infinito bagliori sempre più intensi.

Parrebbe d’assistere a qualche improvvisa trasformazione del globo, e che quell’incendio debba tutto travolgere nelle sue orbite gigantesche.

Tutti i campi di ghiaccio scintillano e sembrano nuotare nel sangue, le montagne di ghiaccio pare che ardano. Gl’immensi ice-bergs rifrangono quelle luci come prismi di cristallo, con delle vibrazioni che feriscono gli occhi.

Quella luce è l’aurora boreale, uno dei più grandiosi e dei più splendidi fenomeni della natura, e che solamente in quelle desolate regioni, sede del gelo e dei famelici orsi bianchi, si può ammirare in tutto il suo splendore.

Ben presto però il grand’arco oscilla più vivamente, i fasci di luce rimpiccoliscono, mandano un ultimo sprazzo che si diffonde ancora pel cielo, poi l’oscurità torna a piombare, e gli astri soli rimangono ad illuminare quegli immensi campi di ghiaccio rumoreggianti sotto le formidabili pressioni.

Ma anche l’inverno passa.