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140 | Capitolo tredicesimo |
quenti gite a terra, per esperimentare le sue macchine fotografiche e per dare anche un po’ di svago ai membri della spedizione, prima di dare un addio alle terre civili.
Aveva dati e restituiti ricevimenti, e non aveva nemmeno rifiutata una partita di law-tennis offertagli da alcuni signori inglesi, ma si era mantenuto molto riservato intorno allo scopo della spedizione. S’era però limitato a far credere che il suo viaggio non era stato intrapreso per andare al Polo, bensì per esplorare le regioni settentrionali della Terra di Francesco Giuseppe non raggiunte da Jakson.
Interrogato sul suo ritorno, aveva risposto sorridendo:
– Ciò dipenderà interamente da quello che potremo fare. Se avremo buona fortuna e troveremo subito qualche cosa di buono, ci affretteremo a tornarcene a casa, se no... –
Egli si era arrestato su quel no sibillino, non volendo forse completare il suo pensiero, ma uno dei suoi compagni, come per dare soddisfazione a coloro che li interrogavano, aveva soggiunto:
– Se no, dovremo rimanere là a raccogliere qualche cosa! –
Gli ultimi giorni furono occupati in ricevimenti. Le autorità di Arcangelo, l’ambasciatore italiano a Pietroburgo, col suo attaché militare ed il suo segretario, alcuni ufficiali italiani, parecchi notabili russi, molti inglesi e francesi furono ricevuti a bordo.
Anche il granduca Wladimiro, ritornato allora dall’inaugurazione del porto di Katerina, andò a complimentare S. A. R. facendogli i suoi augurii per la riuscita del viaggio.
L’11 luglio, tutto era pronto per la partenza.
La macchina, fin dal mattino, era sotto pressione ed a poppa era stata nuovamente spiegata la bandiera italiana e sull’albero maestro la fiamma russa.
Una folla enorme s’era riversata sulle gettate, mentre i marinai delle numerose navi ancorate nel porto si erano disposti sui pennoni per gli urrà d’uso.
Tutti erano commossi; anche S. A. R. appariva un po’ nervoso.
Il comando è dato. Le àncore vengono ritirate a bordo, la macchina sbuffa e l’elica comincia a mordere le acque.
Il Duca degli Abruzzi, ritto sul ponte, saluta la folla agitando il berretto. Presso di lui stanno Cagni, Querini, il dottor Cavalli-