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4 Capitolo primo


Verso i primi di giugno del 1899, presso una delle calate della baia s’accalcava una folla di marinai, di pescatori ed anche di popolani, intenti ad osservare una nave che pareva affrettasse gli ultimi preparativi della partenza.

Quel legno non aveva, almeno in apparenza, alcunchè di straordinario per attirare l’attenzione di tante persone. A Laurvik ben altre navi, anche molto più belle e più grosse s’erano vedute entrare, caricare e uscire senza che avessero destata alcuna curiosità.

Era un tre-alberi, simile a quelli che usano i pescatori di balene, costruito interamente in legno, con una macchina che non doveva sviluppare una forza soverchia, e che di notevole non aveva che un grande sviluppo di vele.

Sul coronamento però portava un nome che dopo d’aver fatto battere il cuore a tanti italiani, produceva ora una viva emozione nei cuori dei norvegesi

«La Stella Polare».

Quel nome era ormai diventato popolare anche nella tranquilla Laurvik; forse quanto quello della nave di Nansen.

La voce che quella nave stava per slanciarsi fra i nebbioni della regione polare e le montagne di ghiaccio di quella gelida regione, si era sparsa rapida, scuotendo anche i freddi temperamenti dei buoni norvegesi.

Sulla coperta e intorno alla nave ferveva un lavoro febbrile, che accresceva la curiosità dei marinai, dei pescatori e dei borghesi accalcati sulla gettata.

Ad ogni istante casse di dimensioni enormi, mucchi di cassette, di barili, ammassi di pellicce, sacchi, attrezzi di ricambio, pali, traverse ed oggetti informi venivano issati a bordo per scomparire subito nelle viscere della nave.

L’equipaggio composto per la maggior parte di norvegesi, lavorava con un ardore insolito, stimolato dalla voce di alcuni ufficiali che dall’aspetto e dai tratti del volto parevano appartenere ad una razza ben diversa dalla scandinava.

Sul ponte di comando, un giovanotto dall’aspetto ardito, dai li-