Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LA SOVRANA DEL CAMPO D'ORO | 89 |
come quelli d’un greco, con lunghi capelli castani che gli cadevano in riccioli sulle spalle, come usavano gli abitanti delle frontiere, e di statura alta ed atletica.
Prima di scomparire dall’altra parte del treno guardò gl’indiani che sbucavano allora fra le piante di romice, piantò gli speroni nel ventre del suo cavallo, e s’allontanò rapidamente, seguendo parallelamente la fila dei bisonti.
Gli Apaches, scorgendo il treno fermo, avevano arrestate le loro cavalcature, indecisi se continuare la caccia allo scorridore della prateria o sfogarsi contro i bisonti.
Erano una ventina e non rassomigliavano affatto agli straccioni che Blunt aveva osservato il giorno innanzi, al di là del Rio Colorado. Erano tutti di statura piuttosto alta, con la pelle scura, e gli zigomi assai sporgenti: facevano una superba figura coi loro diademi di penne di tacchino selvatico, i capelli svolazzanti, i calzoni a campana che coprivano parte delle uose ricamate in rosso ed i camiciotti di pelle di daino, aperti sul petto.
Le loro gambiere erano ornate di capigliature strappate ai nemici e sui fianchi portavano sottili strisce di pelle, come i mulattieri andalusi.
I viaggiatori ed il personale del treno, vedendoli comparire e temendo un attacco, si erano precipitati sulle piattaforme, sparando in aria alcuni colpi di rivoltella, per far loro comprendere che erano armati e pronti a difendersi.
— Chi sono? — chiese Blunt, che tormentava il grilletto del suo rifle.
— Apaches, — rispose Annie. — Oh!... Li conosco benissimo, avendoli veduti parecchie volte nel Gran Cañon.
— Sì, Apaches, — confermò l’ingegnere. — I più pericolosi ed i più crudeli fra tutti gl’indiani dell'America Settentrionale.
— Che ci assalgano? — chiese Blunt.
— Non sono abbastanza numerosi per tentarlo, — disse Harris.
Gl’indiani si erano radunati, formando circolo, e pareva che discutessero animatamente.
Ad un tratto impugnarono i loro tomahawks di guerra e le lance e partirono al galoppo, dirigendosi verso le ultime colonne dei bisonti che s’affrettavano ad attraversare i binari.
Quei ruminanti sfuggono l’indiano, che è il loro secolare nemico. Si lasciano forse accostare dall’uomo bianco, mai dall’uomo rosso. Accortisi della presenza degli Apaches, si erano messi in corsa, rompendo i ranghi.
Maschi, femmine e vitelli si confondevano, urtandosi, schiacciandosi, in preda ad un vivo spavento.