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78 E. SALGARI


Erano una mezza dozzina d’individui cenciosi, che montavano splendidi cavalli di prateria di forme perfette, con lunghe criniere e bardati alla messicana; le selle erano però stracciate e sfondate.

Erano accompagnati da tre donne che li seguivano a piedi, cariche come mule, brutte, piccole, col volto piatto, le gambe arcuate e non meno stracciate dei loro compagni.

Che miseranda figura facevano quei pelli-rosse trasformati dalla civiltà!... Dove erano i baldi guerrieri che con le loro grida di guerra spargevano il terrore nelle fattorie e nelle borgate, e sul loro passaggio non lasciavano che rovine fumanti e teste scotennate? Dove erano i mocassini colorati e ricamati, adorni di capigliature strappate ai nemici vinti; i diademi di piume variopinte col cerchio d’oro purissimo; i trofei di penne di tacchino selvatico scendenti lungo il dorso e le terribili scuri di guerra, i tomahawks?

Quei figli degeneri degli intrepidi scorridori delle praterie avevano ancora i capelli lunghi che giungevano sino alle spalle, e la pelle rosso-cupa, ma l’abbigliamento pittoresco dell’antico indiano era scomparso.

Ed infatti quegli straccioni, che avevano rinunciato alla vita selvaggia, un po’ per forza, un po’ per fame, un po’ pei liquori degli uomini bianchi, avevano sostituiti i diademi con informi cappelli a cilindro, ammaccati e spelati, che per unico ornamento avevano delle etichette gialle, di latta, strappate a scatole di sardine di Nantes raccolte in qualche immondezzaio; le loro coperte di lana erano bucate e rattoppate in cento luoghi e i calzoni erano sfondati, mancanti della parte posteriore e scuciti in fondo.

È vero che in luogo della scure di guerra avevano una carabina, più utile, e più efficace nella difesa, ma avevano conservati i piedi nudi.

Blunt, lo scrivano, si era slanciato sulla piattaforma, lasciandosi sfuggire una serie di esclamazioni.

— Questi sono i tremendi indiani!... Possibile?... Ma no, non possono essere figli della prateria questi pezzenti!... Ditemi che vi siete ingannato, signor Harris.

— No, amico mio, — rispose l’ingegnere, che rideva godendo dello stupore dello scrivano. — Quelli sono veri indiani.

— Con quelle vesti!...

— Che cosa volete, mio caro Blunt. Sono gli effetti della civiltà!

— Sono dunque...

— Indiani mansos, ossia sottomessi.

— Sono dei veri miserabili!... Non li avevo sognati così. I libri che ho letto mi hanno perfidamente ingannato.

— Adagio, mio caro Blunt, non tutti sono così. Quando giungeremo sul territorio degli Apaches e dei Navajoes, vedrete