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LA SOVRANA DEL CAMPO D'ORO 59


— Sei più solido di quanto credevo, — disse l’americano, digrignando i denti. — Oh, non temere, arriverò presto o tardi alle tue costole, e allora sentirai come pesano...

Un pugno formidabile datogli dal negro con rapidità fulminea, che lo colpì sulla bocca, gl’interruppe bruscamente la frase.

— Bel colpo!... — gridò Josè Mirim.

L’americano, che era diventato pallido come un morto, aveva fatto due passi indietro sputando sangue e un paio di denti spezzati da quel pugno magistrale.

— Cane d’un negro!... — ruggì. — Bisogna che t’uccida!... Date anche a me un cocktail!...

I suoi partners furono lesti a soddisfarlo, gli raccomandarono di essere prudente, poi diedero il segnale della ripresa.

— Sta attento, negro, — disse il yankee. — Mi preparo a darti uno di quei pugni che noi chiamiamo fist-shock e che demoliscono sempre.

— Lo aspetto, — rispose il Re dei Granchi, coprendosi rapidamente il petto.

Tom si era rannicchiato su se stesso, come una belva che si mette in agguato, e s’accostava lentamente all’ercole.

Un profondo silenzio regnava nella sala. Tutti avevano capito che lo yankee stava per tentare uno di quei colpi di risorsa che sovete decidono l’esito della lotta. Anche Josè Mirim aveva corrugata la fronte e appariva inquieto.

Ad un tratto l’americano scattò come una molla, tendendo la destra con velocità prodigiosa. Simone aveva cercato di parare la bòtta e non vi riuscì che in parte. Il suo largo petto risuonò come un tamburo sotto il pugno dello yankee, ma, con stupore di tutti, il gigante non solo non cadde, ma non fece nemmeno un passo indietro. Solo un grido di rabbia e fors’anche di dolore, gli sfuggì dalle labbra.

Lo yankee stava per rinnovare il colpo, quando il negro, stendendosi bruscamente, lo prevenne. Fu un fist-shock veramente spaventevole che fracassò alla lettera la mascella destra dell’americano, schiacciandogli contemporaneamente un occhio.

Il disgraziato pugilatore mandò un aoh!... doloroso e cadde fra le braccia dei suoi partners, quasi fosse stato ucciso sul colpo.

Un urrah fragoroso aveva salutato quel pugno magistrale.

— Bravo, negro!... Bravo, pelle vecchia!... Urrah!... Urrah!...

Il Re dei Granchi si era limitato a sorridere.

Señor, — disse Josè Mirim, accostandosi a lui, — credo che non vi sia più nulla da fare qui. È tempo di andarcene.

— Ci lasceranno uscire? — chiese Simone.

— Nessuno oserà impedircelo. D’altronde getto la mia sfida.

Si avanzò verso gli spettatori, dicendo: