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36 E. SALGARI

CAPITOLO V


I tenebrosi progetti del Re dei Granchi


L’asta era finita da un paio d’ore, quando mastro Simone, assai più robusto e resistente dei due cinesi e dei facchini negri, si svegliò, ancora intontito dai troppi bicchieri vuotati, ma soprattutto dall’oppio che aveva fumato in quel sigaro traditore.

Ci vollero parecchi minuti ed un bicchiere di acqua gelata, recatogli dal garzone del bar, prima che il suo cervello incominciasse a funzionare.

Una spaventevole bestemmia, che fece scappare il garzone, gli uscì dalle labbra quando vide i suoi sudditi ed i due amici negri rovesciati sulla spalliera delle sedie e ancora addormentati.

— Ci hanno ubriacati con qualche droga infernale!... — esclamò, digrignando i denti come una tigre. — Sia dannato quel cialtrone di Fo, il dio gambero e tutti i santi del calendario cinese!... Garzone!...

Il giovanotto che lo spiava, stando nascosto dietro il banco, fu lesto ad accorrere col miglior sorriso sulle labbra.

— Un’altra bottiglia signore? — chiese, con tono un po’ ironico.

— Che ti colga il cancro!... — urlò il negro furioso. — Che cos’hai messo nel gin che ci hai servito?

— Nel gin?... Nel brandy, nel whisky, volete dire, signore.

— Fa lo stesso.

— Io non ho messo nulla. Erano liquori finissimi.

— Eppure è impossibile che io mi sia ubriacato, io che vuoto cinque bottiglie al giorno e da solo. Dov’è quel giovane bianco che beveva con noi?

— È uscito dopo aver pagato il conto.

— Non l’avevi mai veduto prima?

— Mai.

— Quel miserabile deve aver mescolato qualche narcotico nei liquori... Per la morte di tutti i granchi dell’oceano!... È quel sigaro che m’ha addormentato!... Triplice imbecille che sono stato!... Che ore sono?

— Sono le sei, signore.

Un urlo di furore uscì dalla gola dell’erculeo figlio dell’Africa ardente, un urlo beluino.

— L’asta!... l’asta!... È chiusa!... M’hanno turlupinato!... Parla stupido!... Parla, o ti strangolo!...

— Badate, — disse il garzone facendo un salto indietro. — Vi è una sezione di polizia qui vicino.