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loro Annie, gli era balenata l’idea di cercare Will Roock e di unirsi a lui per condurre a termine l’impresa.

Conoscendo lo scopo che guidava Annie ed i suoi compagni nel Gran Cañon, prima di abbandonare Peach Springs aveva raccolte preziose informazioni sul bandito e sul luogo dove probabilmente si teneva nascosto, aiutato in questo dai vaqueros che avevano non poche che conoscenze in quella stazione. Gli era così stata indicata la miniera di Waterpoket, la sola — come aveva riferito un minatore che era stato compagno di Will, — che potesse servire di sicuro asilo anche contro gl’indiani.

— Fra banditi, — aveva pensato il negro, — non sarà difficile intendersi, ed il denaro non ci manca.

Josè Mirim aveva approvato pienamente quel progetto e la banda si era messa risolutamente in marcia, dopo aver fatto saltare il masso che otturava l’entrata del cliff, non già con l’intenzione di lasciare liberi i cow-boys del colonnello, bensì col sinistro scopo di sorprenderli e di fucilarli, per sbarazzarsi d’un nemico pericoloso.

Quest’idea venne però loro troppo tardi, quando già avevano iniziata la discesa nel Gran Cañon: risaliti sino al cliff e fatta saltare la rupe che l’ostruiva, l’avevano trovato ormai vuoto.

Buffalo Bill ed i suoi compagni se n’erano già andati.

Il Re dei Granchi non se n’era affatto inquietato, credendo in buona fede che si fossero rifugiati a Peach Springs, per non cadere nelle mani degl’indiani, ed aveva ripresa la marcia verso il fondo del Gran Cañon, accampandosi alla base della grande muraglia.

Come abbiamo veduto, quella fermata, che Buck non aveva prevista, aveva dato nelle mani dei banditi i due poveri californiani.

Pochi minuti dopo, il Re dei Granchi e la sua banda si mettevano in marcia verso il centro del Gran Cañon, conducendo con se i prigionieri, solidamente legati ai due più robusti mustani, in una posizione così dolorosa da strappare grida furiose al poco paziente scrivano.

Josè Mirim, come aveva promesso, li aveva legati all’indiana, ossia con le gambe strette al collo dei cavalli ed il dorso appoggiata sulla schiena degli animali, in modo che la testa appoggiava sulla coda delle cavalcature.

Le alte selle messicane erano però state levate e sostituite con una gualdrappa di pelle di montone, per non rompere le costole o la spina dorsale ai due prigionieri.

Coricati a quel modo, col viso esposto ai cocenti raggi del sole, che cadevano a piombo nel baratro, non dovevano certo trovarsi a loro agio e, come abbiamo detto, lo dimostravano le imprecazioni dello scrivano, il quale si sentiva stiracchiare le membra in tutti sensi, ad ogni passo del mustano.