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— Eccoli! Josè, addosso!
Un gruppo di vaqueros e di negri, armati di fucile, era improvvisamente apparso.
— Il Re dei Granchi! — aveva esclamato lo scrivano, con accento di terrore.
Buck Taylor con un salto si era slanciato in sella:
— Signori, — gridò, — salvatevi come potete!
Un colpo di fucile rimbombò. Il suo cavallo fece uno scarto, poi partì ventre a terra, mentre il cow-boy scaricava centro i vaqueros i sei colpi della sua rivoltella.
— Vi ritroverò! — gridò Buck, che era già lontano.
Harris e Blunt non si erano mossi. Avevano compreso che una fuga a piedi sarebbe stata assolutamente impossibile, e che ogni resistenza era inutile e pericolosa contro tanti avversari muniti di fucili e di rivoltelle.
— Siamo presi, — aveva detto Harris. — Abbassate la lancia, Blunt, o quei miserabili ci fucileranno come cani.
Il Re dei Granchi s’avanzava, tenendo in mano una grossa rivoltella.
— Buon giorno, signor Harris, — disse con tono ironico. — Da qualche tempo non avevo il piacere di vedervi, e desideravo ardentemente la vostra compagnia. E voi, signor scrivano, come state?
— Che gli orsi grigi vi divorino, negro dannato, — disse Blunt, con voce rabbiosa.
— È così che si accoglie un vecchio conoscente? — disse il negro, con maggior ironia.
— Mastro Simone, — disse Harris, — finitela, e diteci che cosa volete da noi.
— Una cosa semplicissima, — rispose Simone. — Unirvi alla mia compagnia, con i piedi e le mani legate. Abbiamo un vecchio conto da saldare, signor Harris. Suppongo che non l’avrete dimenticato.
— Voi non avete il diritto di farci prigionieri. Noi siamo uomini liberi, e non già schiavi africani.
— Basta! — urlò mastro Simone, furioso. — La commedia è finita.
Poi volgendosi verso i suoi negri, disse:
— Afferrate questi uomini, legateli per bene e poneteli su due cavalli.
— Lasciate fare a me — rispose Josè Mirim, facendosi innanzi. — Li legherò come sanno legare i Navajoes.