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— Sarà sceso nel Gran Cañon per cercarsi.

— E dove lo troveremo noi?

— Blunt, rechiamoci all’entrata del cliff per ora.

Stavano per muoversi, quando udirono a breve distanza il rumore prodotto dalle zampe d’un cavallo sul suolo roccioso. Poi una voce imperiosa gridò:

— Chi vive?

Un’ombra gigantesca, era apparsa presso l’angolo della rupe, e s’avanzava con precauzione sul sentiero che lambiva l’abisso.

— Un cavaliere! — aveva esclamato Blunt, impugnando la lancia e appoggiandosi alla parete del cliff.

— Sbarriamogli il passo, — aveva detto Harris, — e, se si avanza, gettiamolo nel Gran Cañon.

L’uomo che montava il mustano si era fermato: Blunt vide scintillare la canna di un fucile.

— Chi vive? — ripetè.

— Sangue di... mi pare di riconoscere questa voce! — esclamò Blunt.

— È quella di Buck Taylor! — gridò l’ingegnere. — Signor Buck, avanzatevi senza timore. Siamo noi, Harris e Blunt!

— Voi, qui! — esclamò il cow-boy, trattenendo il cavallo. — E gli Apaches che vi avevano fatti prigionieri?

— Vi basti sapere, per ora, che siamo fuggiti.

— Ma non vedo con voi miss Clayfert.

— Purtroppo, Buck. È rimasta nelle loro mani. Ed il colonnello?

— E’ lontano, signori miei.

— In ritirata verso Peach Springs?

— Lui! Oh! Buffalo Bill non lascia mai le sue imprese a metà, signori miei.

— Spiegatevi, Buck, — disse Harris.

— Cerchiamo prima un ricovero, poi vi narrerò ogni cosa. Avete fame innanzi tutto?

— Mangerei un orso intero, — disse Blunt. — Da ieri non mandiamo giù che delle bacche.

— La bocca del cliff è aperta, e vi staremo benissimo là dentro, — rispose il cow-boy.

— Vi hanno liberati quei maledetti negri? — chiese Blunt.

— Se l’avessero fatto, non so se ve ne sarebbe ancora qualcuno vivo, — rispose Buck. — Avevamo giurato di sterminarli fino all’ultimo.

— Allora?...

— Che ne so io? So che passando poco fa dinanzi al cliff ho veduto il masso frantumato. Seguitemi, signori: non è prudente