Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Dopo cinque minuti Blunt urtò colle gambe contro un ostacolo, probabilmente una parete o una sporgenza, e si sentì trascinare con maggior velocità.
— Signor Harris, — grido, — dobbiamo aver raggiunto lo sbocco.
— Pare anche a me, — rispose l’ingegnere, che nell’allargare le braccia aveva incontrata la roccia.
— E anche qui l’acqua ci lascia spazio sufficiente. Non riesco a toccare la volta.
— Buon segno.
— Ci lasciamo andare?
— È il partito migliore.
La corrente era diventata più forte, non però rapida come quella che li aveva trascinati sotto il tunnel.
I fuggitivi, sempre rovesciati sul dorso, si lasciavano trascinare tenendo le braccia ben allargate per non urtare contro le pareti.
Dopo una diecina di minuti cominciarono a udire un rombo lontano, che si propagava sotto quelle volte sempre oscurissime.
— Udite, signor Harris? — chiese Blunt, che pel primo se ne era accorto.
— Sì, — rispose l’ingegnere.
— Che cosa sarà?
— Forse un salto d’acqua.
— Che questo torrente si scarichi nel Colorado da una certa altezza?
— Lo suppongo.
— Diavolo!
— Avete paura?
— Se ci scaraventasse sulle rocce?
— Volete spaventarmi continuamente, Blunt?
— Ci tengo a che la mia pelle non si guasti troppo. Oh!
— Che cosa c’è ancora?
— Vedo in distanza un barlume di luce.
— E’ lo sbocco!
— Che vi sia il Colorado laggiù?
— Mi pare di udire un lontano muggito.
— Signor Harris, la corrente accelera.
— Non lasciatevi più trascinare.
— E’ impossibile! Vengo travolto!
Il torrente che fino allora era scorso piuttosto dolcemente, era diventato ad un tratto rapidissimo, mentre il fragore aumentava.
Ci doveva essere una cascata all’estremità del tunnel, ed i disgraziati fuggiaschi si sentivano impotenti a sfuggirla.
Invano nuotavano all’indietro e cercavano di aggrapparsi alle