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scialli scarlatti, adorni di nastri, e sul capo ciuffi d’erba e corna di bisonte.
Sul petto avevano dipinto, in azzurro ed in nero, il simbolo del sole ed ai polsi portavano gli emblemi delle loro famiglie.
I venti guerrieri, preceduti sempre dallo stregone, fecero il giro della vasta piazza, al suono dei fischietti di guerra e dei tamburi di terra cotta, poi rivolsero il viso al sole che stava per tramontare e cominciarono la danza in onore dell’astro, che per loro rappresenta il Grande Spirito.
Una danza veramente non era. I guerrieri non facevano altro che saltare disordinatamente e piroettare su se stessi, urlando come belve feroci, e agitando le loro terribili scuri di guerra. Talvolta s’interrompevano per fingere dei combattimenti corpo a corpo, poi riprendevano i loro salti ed i loro giri.
Pareva che gli spettatori non prestassero attenzione alcuna: gl’indiani amano mostrarsi indifferenti a tutto dinanzi ai visi pallidi. Seduti o sdraiati per terra, bevevano enormi fiaschi d’acqua del diavolo acquistati dai trafficanti della prateria o presi in un saccheggio, e mangiavano pezzi di cane bollito, che le loro donne portavano entro sudici recipienti di latta, che un tempo avevano contenuto del petrolio.
— Un gusto di più; — aveva detto Blunt, ridendo.
Intanto, in un angolo della piazza, lo stregone bucava gli orecchi ai fanciulli, cerimonia che conferiva loro i diritti civili nella tribù, e che i padri pagavano, regalando ciascuno un giovane cavallo all’operatore.
La danza continuò per un paio d’ore, sempre furibonda, fino a che ogni barlume di luce fu scomparso, poi i ballerini, completamente sfiniti, furono trascinati presso il gran calli della medicina, dove fecero loro masticare della salvia selvatica, per facilitare la salivazione.
Quasi subito i falò, già preparati, furono accesi sulla piazza, e da una tenda uscirono i futuri guerrieri, tutti giovani di sedici o diciott’anni, dipinti orribilmente e quasi nudi.
S’avanzarono in fila indiana, fino all’arca del primo uomo, gridando ognuno il loro nome.
Vi era Plenty Hole (il buco grandissimo); White Calf (il vitello bianco); The dog (il cane); Hollow Horn (il corno vuoto); Two-eagle (l’aquila doppia); Poor Dog (il povero cane) ed altri ancora che portavano nomi non meno stravaganti.
Si voltarono poscia verso i quattro punti cardinali e recitarono la preghiera d’occasione:
«Grande Spirito, noi siamo venuti per festeggiare il giorno che tu ci hai dato. Noi ci teniamo in piedi per dare a te la nostra carne.