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— Questo è un consiglio di assassini! Potevate risparmiarci questa commedia!
— Noi non abbiamo ancora giudicato, — disse il vecchio, su cui i rimproveri della fanciulla pareva non avessero alcun effetto. — Il tuo compagno, squaw, dice che è nostro amico, e sia. E l’altro?
— Io! — esclamò Blunt. — Oh! Io sono il fratello degli uomini rossi.
Una risata accolse quelle parole.
— Che cosa hai fatto per noi per vantare questo titolo? — chiese il vecchio, con tono sardonico.
Lo scrivano rimase un po’ perplesso, poi disse risolutamente:
— Io ho salvato un indiano, che stava annegando nel Colorado, e in ricompensa mi chiamò fratello.
Blunt aveva detto quelle parole con tale comica gravità, che Annie e Harris, nonostante il pericolo che correvano, trattennero a stento un sorriso.
— Come si chiamava? — chiese il vecchio.
— Bisonte Nero, — rispose lo scrivano imperturbabilmente.
— Un sakem?
— Lo credo.
— Apache.
— Non lo so, perchè non gli ho chiesto a quale tribù apparteneva.
Il vecchio fissò i suoi occhietti maligni sullo scrivano, poi disse con tono sempre beffardo:
— Mi rincresce che tu, viso pallido, non glielo abbia chiesto. Si sarebbe potuto trovare fra noi o fra i nostri alleati, i Navajoes.
— Ah! Sì, mi parve che fosse Navajoes, — disse Blunt prontamente.
— E dove l’hai salvato?
— L’ho tratto dall’acqua e non dal fuoco, vi ho detto.
— Ma dove? — insistette l’indiano.
— Che ne so io? So che l’acqua era profonda, anzi tanto profonda che per poco non annegai.
— Sta bene: cercheremo quell’indiano. Domani uno dei sakem dei Navajoes deve giungere al nostro atepetl e lo incaricheremo di cercare quel...
— Bisonte Bianco, — disse Blunt.
— No, Nero hai detto.
— Fa lo stesso.
— How! how! — disse l’indiano sogghignando. — Avrai fumato con lui il calumet (la pipa) della pace.
— No, perchè era rimasto in fondo al fiume. Fumerei però volentier il vostro.