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generalmente risparmiano le donne. Quindi siamo io ed il signor Harris che corriamo pericolo. E poi, chissà che Buffalo Bill, quel diavolo d’uomo, non giunga in tempo per dare una tremenda lezione a questi selvaggi.

— Bene! Sperate ancora! — esclamò Harris.

— Sì, finchè non sarò morto, — rispose lo scrivano. — I miei capelli si trovano ancora sulla mia testa, signore.

— Vedremo se il capo Victoria ve li lascerà.

— Non abbiamo ancora veduto quella tigre americana.

— È il più implacabile nemico dei visi pallidi.

— Noi non siamo suoi nemici, signor Harris.

— Abbiamo la pelle bianca e basta.

— Volete spaventarmi?

— No, Blunt; anzi, al contrario.

— Dovremo proprio lasciare la nostra pelle nel Gran Cañon?

— E prima di tutto la capigliatura, mio povero amico.

— Oh! In quanto a quella, la vedremo, ingegnere. Non siamo già degli agnellini, noi.

— Che cosa vorreste fare senz’armi?

— Lavoreremo di calci e di pugni.

— Ah! signor Blunt, — disse Annie. — Credete che gl’indiani siano dei fantocci?

Lo scrivano guardò la Sovrana del Campo d’Oro con stupore, colpito dalla calma straordinaria di quell’intrepida fanciulla.

— Che nervi avete voi, miss? — chiese. — Un’altra donna al vostro posto piangerebbe.

— Un’americana? Oh! Mai. — Rispose Annie, con voce calma.

— Queste belve dunque non vi fanno paura?

— Non ancora.

— Che donna siete voi?

— Ho conosciuto molti altri indiani.

— Tutte bestie feroci?

— Non sempre, signor Bunt.

— Ne avete trovato di buoni?

— Qualcuno, sì.

— Quelli non dovevano essere Apaches, — disse Harris.

— Che cosa faranno dunque di noi? — chiese lo scrivano.

— Ci legheranno al palo della tortura.

— E poi?

— Ci strapperanno innanzi tutto le unghie.

— Miserabili!

— Eh! Mio caro Blunt, vi ho detto che sono crudeli.

— Bah! Anche senza le unghie si può vivere.

— E senza...