Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
114 | E. SALGARI |
— Ecco un altro che è ruzzolato da cavallo!...
— Non risparmiate le cartucce, amico!...
— Le spreco anzi.
— Annie!...
— Fuoco, ingegnere, — rispondeva la giovane. — Non ho paura!...
— Non esponetevi!...
— No, sono dietro i sedili!...
Poi la voce tuonante di Koltar dominava gli spari e le urla.
— Massacrate quei vermi!... Avanti, miei mustani!... In volata, agnellini miei, o vi strappo la pelle!...
Quella corsa furiosa durava da dieci minuti fra un fracasso assordante, quando Koltar lanciò una bestemmia.
— Che cosa avete, corriere? — chiese Harris, che stava ricaricando le sue rivoltelle. — Cedono i cavalli?
— Vedo altre ombre galoppare per la pianura.
— Dove?
— Sulla nostra destra.
— Altri indiani?
— Chi volete che siano?
— Allora siamo perduti, — disse Harris con voce angosciata. — Oh mia povera Annie!...
— Sparate laggiù, signore, — disse Koltar.
Harris aveva alzata la carabina e scorgendo vagamente un gruppo di cavalieri, sbucati non si sapeva da dove, che pareva volessero tagliare la via alla diligenza, si preparava a far fuoco, quando una voce vibrante si alzò fra le tenebre:
— Coraggio, signori!... Veniamo in vostro aiuto.
Koltar aveva mandato un urlo di gioia.
— Buffalo Bill!... Gl’indiani stanno freschi!...
Nel medesimo tempo otto o dieci lampi balenarono a duecento passi dalla diligenza, poi si udì la voce di prima urlare:
— Carichiamo a fondo, ragazzi!...
G’indiani, che avevano già subito perdite non indifferenti, vedendo giungere quel gruppo di cavalieri e presi di fianco da una nutrita scarica di fucileria, esitarono un momento, poi volsero i loro mustani, disperdendosi per la pianura.
— Siete voi, Bill? — gridò il corriere, vedendo uno di quei cavalieri accostarsi alla diligenza.
— Sì, Koltar, — rispose lo scorridore della prateria. — Ho con me una diecina di cow-boys che non hanno paura dei Navajoes. Tira pure innanzi, noi ti scorteremo fino al Gran Cañon se quella è la tua destinazione.
— Grazie, mastro Bill.