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58 Capitolo ottavo

— Bah!... Si stancheranno. Andiamo innanzi e teniamo pronte le armi.—

La carovana riprese le mosse, quantunque il sole scendesse rapidamente e l’oscurità cominciasse ad addensarsi sotto le foreste.

Non era prudente accamparsi in piena selva con delle spie alle calcagna e forse dei feroci animali vicini e Asseybo voleva condurre il padrone in un luogo scoperto, in una radura. I cavalli si erano tranquillizzati, tanto più che quel grido non si era più ripetuto ed avanzavano rapidamente, come se fossero impazienti di lasciare quei folti macchioni che potevano celare delle insidie.

Già i carnivori cominciavano a lasciare i loro covi per cominciare le loro caccie notturne e si facevano udire, facendo tremare i poveri animali. Di tratto in tratto, nelle macchie più fitte, dove la luce morente dell’astro diurno non penetrava, si udivano dei sibili lamentevoli lanciati forse dai grossi serpenti pitoni, od i sordi miagolii dei serval o gatti delle selve, grandi distruttori di selvaggina; o le rauche urla dei sanguinari leopardi o le stridule e beffarde risa delle iene macchiate o brune o le urla lamentevoli, tristi, paurose, dei lupi striati, animali che si avvicinano molto agli sciacalli, ma che hanno anche molto del lupo.

Crescendo l’oscurità, Alfredo raddoppiava le sue precauzioni, avendo da temere gli uomini e le fiere. Asseybo si era messo alla testa della carovana, Antao si era collocato presso la lettiga dell’amazzone per essere pronto a difenderla ed il cacciatore si era messo alla coda coi due dahomeni i quali erano stati armati di ottimi fucili, avendo detto di sapere adoperare le armi da fuoco.

Alle otto, quando nell’aria cominciavano a svolazzare quei brutti cinonitteri delle palme o cani notturni, la carovana lasciava i macchioni e giungeva in mezzo ad una vasta radura dove s’innalzava un gruppo di colossali sicomori.

— Possiamo accamparci con piena sicurezza, — disse Alfredo. — Se qualcuno cercherà d’avvicinarsi, potremo facilmente scorgerlo.

I cavalli furono radunati attorno ai sicomori, le casse scaricate e disposte all’ingiro onde nel caso d’un attacco servissero da barricata e le tende rizzate, mentre i due dahomeni accendevano due falò per tenere lontane le fiere e per allestire la cena.