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La carovana 57

— Cosa c’è? — chiese Antao, senza però manifestare alcuna apprensione.

— C’è, — rispose Alfredo che aveva staccata rapidamente la carabina sospesa agli arcioni, — che abbiamo un vicino pericoloso, mio caro.

— Delle scimmie?...

— Peggio, Antao: un rinoceronte.

— Morte di Nettuno!... Si dice che simili animali sono formidabili.

— Preferirei trovarmi dinanzi ad una coppia di leoni che ad uno di quei massicci ed invulnerabili animalacci. Hanno una pelle così grossa, da sfidare le palle delle migliori carabine.

— Pure non possiamo arrestarci qui.

— Andremo innanzi a dispetto di quel disturbatore, Antao. Asseybo!...

— Padrone, cosa desideri? — chiese il servo che era disceso da cavallo e che si era inoltrato nella foresta, per cercare di scoprire il pericoloso animale.

— Lo vedi?...

— No, padrone, e credo che siamo stati corbellati.

— Cosa vuoi dire?

— Che quel grido non era d’un rinoceronte.

— Morte di Giove!... — esclamò Antao. — Questa è strana!...

— Spiegati, Asseybo, — disse Alfredo.

— Dico che qualcuno ha voluto imitare il grido del rinoceronte.

— Ma a quale scopo?...

— Forse per spaventarci. Se l’animale ci fosse, a quest’ora avrebbe caricata la nostra carovana.

— Credo che tu abbia ragione, — disse il cacciatore, che era diventato pensieroso. — Tu hai cacciato più volte i rinoceronti e sei in grado di conoscere meglio di me il loro grido.

— Sì, e ti dico che quel uiff è stato imitato molto bene.

— Che sia stato qualche segnale? — chiese Antao.

— È possibile, — rispose Alfredo. — La conclusione è questa: noi siamo seguìti.

— Da chi?...

— Dalle spie di Kalani.

— Morte di Urano!... Ancora?... Sono come le mignatte quelle canaglie.