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La carovana | 53 |
vane negra, sulla cui affezione sapeva ormai di poter contare completamente.
Nessuna spia pareva che li avesse seguìti, non avendo scorto alcun negro nè lontano, nè vicino, sul sentiero che percorrevano. Il capo però non si illudeva e conoscendo la prudenza e l’agilità di quei selvaggi figli dei boschi, era più che certo di essere stato seguìto, quantunque nulla indicasse che in realtà lo si tenesse d’occhio.
— Temi sempre? — chiese ad un tratto Antao, vedendo l’amico volgersi di frequente indietro.
— Sì, — rispose Alfredo.
— Pure non si vede nessuno.
— Sul sentiero è vero, ma nei boschi?... Se noi li frugassimo troveremmo di certo qualcuno di quegli spioni. I negri sono caparbi e poi i dahomeni hanno troppa paura di Geletè, ma noi li stancheremo.
— Andiamo verso la frontiera degli Ascianti?...
— Sì, Antao, ed entreremo nel Dahomey attraversando la regione dei Krepi o dei Togo. La frontiera del sud deve essere guardata dagli uomini di Kalani.
— Saremo costretti a fare un viaggio lungo.
— Quando avremo attraversato le lagune del Piccolo e del Grande Popo viaggeremo rapidamente. Per ora non dobbiamo mostrare d’aver fretta, per non destare sospetti nelle spie che ci seguono, ma quando avremo la certezza di averle stancate o rassicurate sulla nostra direzione, lanceremo i cavalli al galoppo dall’alba al tramonto. Toh!... Hai udito?...
— Un fischio in mezzo al bosco?...
— Sì, Antao. È un richiamo dei negri che ci seguono.
— È vero, padrone, — confermò Asseybo. — Solamente quelli del Dahomey sanno fischiare in tal modo.
— Come manderei volentieri una palla nel cranio di quegli spioni. È noioso viaggiare sapendosi seguìti da persone che possono giuocarci delle brutte sorprese.
— Oh!... Delle sorprese ce ne prepareranno, ma sapremo evitarle. Non oseranno però assalirci direttamente, credi a me. Hanno troppa paura dei fucili degli uomini bianchi. Orsù, al galoppo e cerchiamo di mantenerli lontani finchè andiamo a prendere l’amazzone. —
I piccoli ma vivaci cavalli, eccitati dai cavalieri e dai due