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22 Capitolo terzo


— Alla donna, Antao, — disse Alfredo.

E tutti e due, sbarazzati da quel pericoloso avversario, si slanciarono verso la povera vittima che giaceva in mezzo alle erbe della piccola radura.


Capitolo IV

Il fanciullo rapito

Quando giunsero là dove il leopardo si era alzato, videro subito che non si erano ingannati. La vittima del ladrone delle foreste era veramente una donna, ma che non doveva però essere una tranquilla abitatrice di qualche villaggio, poichè appena Alfredo l’ebbe guardata, non potè trattenere una sorda esclamazione che tradiva una viva inquietudine ed una profonda collera.

Quella sconosciuta indossava un costume ben noto agli abitanti della Costa d’Avorio ed intorno a lei si vedevano certe armi non adoperate di certo dalle donne di Tofa, nè del Grande e Piccolo Popo.

Era una bella giovane di vent’anni, dalle forme assai sviluppate, dalle braccia muscolose, dalla pelle d’un nero meno carico delle donne della costa e di statura alta e squisitamente modellata.

Aveva il corpo racchiuso in un giubbetto verde, stretto alla cintura da una cartucciera di pelle, le anche avviluppate in una specie di gonnellino di seta rossa, i piedi nudi, ma le gambe e le braccia adorne di parecchi anelli di rame e d’avorio.

Presso di lei stava un casco a due punte, di stoffa bianca e più oltre un fucile a pietra, una giberna di pelle dorata e un lungo e largo coltellaccio, una di quelle armi terribili che gli abitanti del Dahomey chiamano nyekpeo-hen-to.

Il carnivoro l’aveva ridotta in uno stato miserando, ma forse gli era mancato il tempo di finirla. Le robuste unghie avevano squarciata la spalla destra della povera giovane per una lunghezza di venti o venticinque centimetri ed i denti avevano straziate le carni della coscia sinistra, le quali erano ormai coperte di sangue.

— Disgraziata!... — esclamò Antao. — Un momento di ritardo ed era finita. Fortunatamente non mi sembra che svenuta.