Pagina:Salgari - La Costa d'Avorio.djvu/280

242 Capitolo trentatreesimo

corridoio, irruppero nella camera illuminata puntando i fucili, mentre il vecchio negro gridava, con voce minacciosa:

— Chi si muove è uomo morto!... Ordine del re!... —

I quattro schiavi e la negra si erano precipitosamente alzati rovesciando i vasi e le tazze, ma vedendo quei cinque fucili puntati e udendo quelle parole erano ricaduti sui loro sedili, tremando di spavento, mentre la loro tinta da nerastra diventava grigia, cioè pallida.

— Tutti a terra!... — disse il vecchio. — Nessuno opponga resistenza!... —

I cinque schiavi caddero in ginocchio, balbettando:

— Non uccideteci. —

Gamani ed il dahomeno, che avevano portato con loro delle corde e dei fazzoletti, imbavagliarono e legarono le braccia e le gambe a quattro, mentre il padre di Urada interrogava il quinto, minacciando di fracassargli il cranio se avesse tardato a rispondere.

— Dov’è il tuo padrone?... — gli chiese.

— Dal re, — balbettò lo schiavo.

— Tornerà questa notte?...

— Sì, perchè deve partire prima dell’alba.

— Tarderà molto?...

— Non lo credo. Noi lo aspettavamo per seguirlo.

— Dove si trova il fanciullo dalla pelle bianca che Kalani ha qui condotto?..

— Nella stanza del padrone.

— Chi veglia su di lui?...

— Nessuno.

— Dorme?...

— Poco fa dormiva.

— Guidaci subito da lui. —

Gli fece cenno di precederlo, mentre Antao s’impadroniva di una specie di torcia di fibre vegetali imbevuta d’olio d’elais.

Il negro, che era più morto che vivo per lo spavento, li condusse in un secondo corridoio il quale saliva al piano superiore e s’arrestò dinanzi ad una porta, dicendo:

— È qui. —

Alfredo ed Antao, in preda ad una viva emozione, si erano precipitati innanzi, aprendola impetuosamente.

In mezzo ad una stanzuccia quasi spoglia di mobili, ma colle