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238 | Capitolo trentaduesimo |
mantengono sempre le loro promesse. Se vi avrò ingannati, mi ucciderete.
In quell’istante, al di fuori, si udirono degli scalpitii che s’avvicinavano rapidamente. Antao ed Alfredo si erano precipitati nell’ortaglia temendo di venire sorpresi dai soldati di Geletè, ma tosto emisero un grido di gioia.
Erano il vecchio negro e i due dahomeni coi cavalli.
— Ho mantenuto la parola, — disse il padre di Urada, muovendo sollecitamente verso i due bianchi. Abbiamo abbandonato l’apatam senza che alcuno se ne accorgesse.
— La popolazione bivacca sempre nelle vie? — chiese Alfredo.
— Non finirà l’orgia prima di domani. Tutti sono ubriachi, compresi i soldati e le amazzoni, ma ho potuto sapere egualmente dove si trova Kalani.
— Dal re, è vero?...
— Sì, ma prima dell’alba ritornerà a casa, dovendo poi partire.
— Lo so e sarà là che noi lo aspetteremo. Sapreste guidarci, per vie poco frequentate, alla casa di quel miserabile?
— Sì, facendo il giro delle ortaglie.
— Allora partiamo subito. Quando il sole sorgerà, Kalani sarà morto e noi saremo lontani da Abomey.
Capitolo XXXIII
La morte di Kalani
Pochi istanti dopo Alfredo, Antao ed i negri lasciavano la capanna diroccata per recarsi all’abitazione del loro mortale nemico. Erano saliti tutti a cavallo, avendo abbandonato le casse vuote o semivuote nell’orticello, onde essere più liberi ed in grado di poter operare una precipitosa ritirata fuori dalla città, nel caso che il colpo di mano non dovesse riuscire.
Tutte le armi erano state caricate per essere pronti a respingere qualsiasi attacco, sia da parte della popolazione che delle truppe.
Il vecchio negro, che aveva inforcato uno dei più robusti quadrupedi, guidava il drappello facendolo passare fra ortaglie e