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L’incendio del recinto sacro 235

— Siamo lontani dal nostro apatam? — chiese Alfredo. — Sono inquieto pei miei uomini.

— In un quarto d’ora possiamo giungervi.

— Desidererei che i due negri ed i cavalli si concentrassero qui.

— Perché Alfredo? — chiese Antao.

— Per essere più pronti a lasciare la città.

— Ma Bruno?...

— Questa notte lo salveremo.

— E Kalani?...

— Questa notte lo ucciderò.

— Ma se non sappiamo ancora dove si trovano?...

— Ce lo dirà il prigioniero.

— Parlerà?...

— Ve lo costringeremo. Dopo quanto è accaduto questa notte, noi non possiamo rimanere qui ad aspettare che Geletè si risolva a riceverci. Un solo sospetto può costare la vita a tutti noi.

— L’ambasciata adunque ha finita la sua missione, — disse il portoghese, ridendo. — Geletè andrà in furia di vedersi burlato dai famosi principi del Borgu.

— E ci farà inseguire, Antao, ma mentre i suoi soldati ci cercheranno verso il nord, noi fuggiremo verso l’est. Quando avremo attraversato l’Okpa, potremo ridercene dei furori di Geletè.

— Padrone, se tu lo vuoi, io vado ad avvertire i due schiavi di venire qui, — disse Gamani.

— No, andrò io, — disse il vecchio negro. — Conosco meglio di tutti la via e certe scorciatoie deserte per le quali farò passare i cavalli senza che alcuno s’accorga della fuga dell’ambasciata. Urada basta per servire d’interprete nell’interrogatorio del sacerdote.

— Allora partite senza indugio, — disse Alfredo. — Sono già le undici e vorrei, prima dell’alba, trovarmi lontano da Abomey. Questa notte tutti sono in orgia e ci sarà facile lasciare la città inosservati.

— Fra mezz’ora sarò di ritorno, — concluse il vecchio negro.

Poi aggiunse, con aria misteriosa:

— Chissà?... Posso recare qualche notizia su Kalani. —

Mentre il negro si allontanava, Gamani aveva trascinato il prigioniero sotto la capanna ed aveva accesa la lanterna che aveva portata con sé. Il povero sacerdote era più morto che vivo, credendo che i suoi rapitori, si preparassero ad assassinarlo.