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La spedizione notturna | 229 |
dendo e schiamazzando. Dovevano averne bevute già parecchie, poichè non erano più in grado di mantenersi ritti e di quando in quando cadevano sconciamente a terra, non risollevandosi che dopo molte fatiche.
— Bah!... — disse Alfredo a Gamani. — Questi ubriachi non sono più in caso di opporre resistenza e non ci saranno d’impiccio. Ci sono tutti?...
— Mi sembra che non manchi alcuno, — rispose il negro.
— Allora affrettiamoci a salvare il mio Bruno. —
Tornarono rapidamente verso i compagni, informandoli del felice esito della loro perlustrazione e certi di non venire inquietati da quegli ubriaconi, si diressero senz’altro verso una piccola capanna, entro la quale doveva trovarsi il ragazzo.
La capannuccia era chiusa da una specie di cancello coperto da stuoie, che impediva di vedere nell’interno, ma Alfredo, che in quel momento decisivo si sentiva tanto forte da sfondare una parete, con uno strappo violento lo scardinò, gettandolo a terra.
Senza attendere che Gamani accendesse la lanterna che aveva portato con sè, il cacciatore si slanciò nell’interno, chiamando:
— Bruno!... Bruno!... Svegliati!... Siamo noi!... —
Invece di udire la ben nota voce del fratello, udì una voce minacciosa che chiedeva:
— Chi viene a disturbare Ahantu?...
— Morte di Urano e di Nettuno!... — esclamò Antao. — Chi è che ha parlato?... —
Alfredo si era arrestato come fosse stato fulminato, ma il suo stupore fu però di breve durata. Strappò a Gamani la lanterna, impugnò una pistola e s’avanzò risolutamente nella capanna coll’arma tesa, pronto ad abbattere qualsiasi ostacolo.
Un negro, col capo coperto di penne d’uccelli di rapina ed il corpo avvolto in un ampio mantello di cotonina rossa a disegni strani che somigliavano a teschi di morto incrociati con ossa umane, si era bruscamente alzato da un lettuccio formato da stuoie sovrapposte.
Nella destra teneva uno di quei lunghi e larghi coltellacci usati dai dahomeni.
Vedendo entrare quegli sconosciuti, con un balzo repentino si gettò in fondo alla capanna sfondando, con un urto irresistibile, la leggera parete di vimini e si slanciò all’aperto fuggendo attraverso i viali del recinto e urlando con quanta voce aveva.