Pagina:Salgari - La Costa d'Avorio.djvu/261


La spedizione notturna 225

Capitolo XXXI

La spedizione notturna


Era calata la notte da qualche ora, ma la capitale del Dahomey era ancora in orgia.

Sulla grande piazza ove erano state scannate tante vittime, e nelle vie adiacenti, la folla beveva e danzava furiosamente attorno a dei falò giganteschi, al suono dei più barbari e più strani istrumenti che si possa immaginare.

La birra di sorgo, il ginepro ed il rhum di tratta scorrevano a fiumi, ma quegli insaziabili bevitori non ne avevano mai abbastanza. Vuotati dei barili, altri se ne portavano accanto ai fuochi, e danzatori e suonatori ricominciavano la gazzarra.

Dovunque si udivano echeggiare urla, spari d’armi da fuoco e dovunque scoppiavano risse furibonde che terminavano a colpi di coltello, di lancia o di fucile, ma chi si occupava dei morti?... Era molto se lasciavano ancora in vita i feriti.

Nell’ampio palazzo reale l’orgia doveva aver raggiunto il colmo. Tutte le strette finestre, che avevano l’aspetto di feritoie, erano illuminate e da quelle uscivano pure urla e canti di gente già ebbra e spari d’armi. Di tratto in tratto delle palle uscivano e sibilavano per la piazza abbattendo qualche negro e qualcuna delle amazzoni che intrecciavano danze dinanzi alla piattaforma.

Era Geletè che si divertiva a mandare quei pericolosi regali ai suoi fedelissimi sudditi o che provava qualche nuovo fucile ricevuto in regalo dai capi della costa.

Mentre la popolazione tutta della capitale, il re, i ministri, i soldati e le amazzoni continuavano la gazzarra con crescente animazione, una piccola truppa d’uomini, che era uscita quasi di nascosto dall’apatam dell’ambasciata, attraversava rapidamente le vie meno frequentate e meno illuminate, tenendosi rasente alle pareti delle capanne.

Era composta d’Alfredo, d’Antao, di Gamani, dell’amazzone e suo padre. Nessuno portava lo splendido costume dei borgani, ma tutti erano armati di fucili.

Chi li avesse veduti, avrebbe potuto crederli un piccolo gruppo