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218 | Capitolo trentesimo |
— Stupidi!... — gridava il brav’uomo, dimenticandosi di dover fingersi muto. — Scannano i vostri fratelli e voi applaudite!... Meritereste la forca degli schiavi, canaglie!... —
Fortunatamente la sua voce veniva coperta da quei clamori sempre più assordanti e ben poco facevano caso a lui. Tutt’al più si tiravano da una parte guardando, con stupore, quell’indemoniato che picchiava con un vigore non comune e con un’abbondanza straordinaria.
Alfredo, suo malgrado, dovette intervenire per frenare il bollente amico, temendo che nei dintorni della capanna si aggirasse qualche spia del re incaricata di sorvegliare il contegno degli ambasciatori.
Quando l’alba spuntò, la vasta piazza era completamente stipata. Una moltitudine di braccia armate di coltellacci, i quali dovevano servire per decapitare le povere vittime della superstizione, si agitava burrascosamente.
Quei negri sanguinari chiedevano, con urla formidabili, con scoppi di veri ruggiti, il principio delle esecuzioni.
— Morte di tutti i pianeti!... — esclamò Antao, che dall’alto d’una cassa, spingeva gli sguardi su quelle masse tumultuanti. — Ma questi non sono esseri umani, sono dei leoni in furore assetati di sangue!... Ci vorrebbe qui il mio amico Consheiloz con la sua batteria di cannoni per mitragliare a dovere questi negracci. Ma dov’è quel gaglioffo di Geletè, il gran beccaio ed i suoi aiutanti?...
— Comparirà presto, — rispose Alfredo che si teneva al suo fianco. — Vedo che le amazzoni si sono disposte in forma d’immenso triangolo dinanzi al palazzo e ciò indica che Geletè sta per venire.
— E noi, rimarremo qui?...
— Verranno ad offrirci un posto d’onore.
— Io lo rifiuterò, non posso assistere tranquillo a questi massacri.
— Ti guarderai bene dal rifiutare un invito del re, Antao. Una risposta negativa o scortese, equivarrebbe alla perdita della nostra vita.
— Siamo ambasciatori.
— Ma nelle mani del più feroce e del meno scrupoloso dei monarchi africani. Guarda!...
— Cosa vedi?...