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Le stragi della «festa dei costumi» | 217 |
— Grazie, — rispose asciuttamente Alfredo, mentre Antao, dopo udita la traduzione, aggiungeva:
— Che il diavolo impicchi quell’antropofago di Geletè e tutti i suoi abbominevoli satelliti, per tutti i pianeti del cielo! Se qualcuno vi piombasse sul cranio, sarebbe un gran bravo pianeta!... —
Capitolo XXX
Le stragi della «festa dei costumi»
Quella notte i due europei ed i loro uomini, non furono capaci di chiudere gli occhi un solo momento.
Bande di soldati giungevano ad ogni istante sulla vasta piazza, spingendosi innanzi, fra grida, minacce e bastonate, gli schiavi destinati ai sacrifici orrendi dell’indomani e facendo salve a polvere per annunciare agli spiriti irritati dei monarchi, che Geletè si preparava a mantenere la promessa.
Dietro ai soldati venivano turbe di negri accorsi da tutti i vicini villaggi, per prendere parte alla distribuzione di vesti e di liquori che suole fare la corte reale in quelle atroci circostanze.
Quei negri chiassosi, già mezzi ebbri di birra di sorgo, si accalcavano dinanzi alle due enormi piattaforme che sorgevano ai due lati della porta principale del palazzo del re, onde essere i primi a decapitare le sciagurate vittime che dovevano essere gettate sulla piazza.
Prima della mezzanotte fra soldati, amazzoni e abitanti vi erano almeno ventimila persone stipate sulla piazza, in attesa dello spuntare del sole, momento indicato pel principio delle esecuzioni pubbliche.
Diciamo pubbliche, poichè nel palazzo reale dovevano essere già cominciate quelle private che si fanno ordinariamente di notte. Infatti, fra tutti quei clamori, dalle numerose finestre dell’enorme palazzo, di quando in quando uscivano delle urla acute, strazianti, che facevano fremere di sdegno Alfredo e andare in furia l’ottimo portoghese, il quale si sfogava distribuendo legnate all’impazzata ai negri che si pigiavano contro le pareti della capanna.