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204 | Capitolo ventisettesimo |
Alle due del mattino il negro dopo d’aver abbracciata Urada e stretta la mano ai due bianchi e d’aver promesso di far giungere ben presto sue notizie, lasciava l’apatam per recarsi nella capitale del Dahomey.
Capitolo XXVIII
Il ritorno di Gamani
Tre giorni erano trascorsi dalla partenza del corriere di Ghating-Gan e del padre di Urada senza che più alcuna notizia fosse giunta ai due europei. Pareva che Geletè fosse troppo occupato nei preparativi della festa dei costumi per pensare all’ambasciata dei capi del Borgu e che il vecchio negro avesse trovato o dei gravi ostacoli, o nessun messaggero da fidarsi per mandare sue nuove.
Alfredo, le cui inquietudini aumentavano, non sapendo a che cosa attribuire quei ritardi e temendo sempre una sorpresa da parte dell’astuto Kalani, aveva proposto al cabecero di mandare degli altri corrieri ad Abomey per indurre Geletè a decidersi a ricevere l’ambasciata, ma senza alcun risultato.
Non era prudente irritare il feroce monarca, il quale avrebbe potuto prendersela col cabecero e far tagliare, senza tante cerimonie, la testa ai messaggeri importuni. Era necessario attendere il suo beneplacito ed armarsi di pazienza.
La sera del quarto giorno però, quando Alfredo ed Antao, dopo d’aver cenato, si preparavano a coricarsi, videro un negro attraversare rapidamente la piazza, come se avesse temuto di esser visto dalle amazzoni che stavano di guardia dinanzi ai palazzi reali, e precipitarsi verso l’apatam.
Temendo che fosse qualche importuno, si erano alzati per farlo allontanare, quando il negro si gettò impetuosamente dinanzi ad Alfredo, dicendo con voce soffocata:
— Oh, mio padrone!... —
Il cacciatore, stupito, lo aveva prontamente afferrato per guardarlo in viso. Un grido, a malapena frenato, gli sfuggì:
— Gamani!... Tu!... Vivo ancora!...