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198 Capitolo ventisettesimo

Capitolo XXVII

Il cabecero Ghating-Gan


Ghating-Gan era un uomo sulla quarantina, di forme robuste, quasi atletiche, dalla fisonomia dura, arcigna, quasi feroce, ma anche astuta, con gli occhi piccoli, neri, penetranti.1

Per la circostanza aveva indossato una specie d’ampio mantello di cotonina rossa, annodato alla spalla sinistra e che gli scendeva fino ai piedi e si era adornati i polsi di braccialetti d’oro e d’argento, mentre al collo si era appesa la grossa collana regalatagli da Alfredo.

Alla cintura di lana rossa portava quattro code di cavallo, distintivo di grande importanza del Dahomey, e che solo il re può concedere ai suoi più fidati e più grandi personaggi del regno.

Vedendo gli ambasciatori mosse loro incontro, li salutò con molta grazia, giungendo dapprima le mani, poi avvicinandole al viso e finalmente allungandole sul petto. Alfredo ed Antao credettero bene d’imitarlo, guardandosi dallo stendergli la mano per non tradirsi.

Scambiato così il saluto, Ghating-Gan li invitò a seguirlo nel palazzo reale e li condusse in una vasta sala, certamente in quella del trono, decorata di grandi parasoli di tutti i colori e di tutte le specie, adorna di idoli strani rappresentanti mostri d’ogni forma e dinanzi ai quali erano state deposte delle offerte consistenti in bottiglie di liquori ed in collane di cauris. In un angolo vi era il trono di Geletè, un seggiolone enorme che un tempo doveva aver servito a qualche teatro europeo, ricco di fregi e di dorature e collocato su di un’alta piattaforma coperta di vecchi tappeti scoloriti.

Ghatin-Gan invitò gli ambasciatori a sedersi su alcuni sgabelli

  1. Questo Ghating-Gan prese parte attiva anche nella guerra contro i francesi guidati dal generale Doods. Fu questo cabecero che fece arrestare, nel 1890, i negozianti francesi di Widhah, tenendoli prigionieri per novantatrè giorni, minacciando ad ogni istante di decapitarli e facendoli sovente maltrattare dai soldati.