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Il padre di Urada | 191 |
— Cosa vuoi dire?...
— Che mi premeva sbarazzarmi di lui fino a domani.
— Per quale motivo?
— Perchè voglio vedere il padre di Urada. Se egli è vissuto alla corte di Geletè, può darmi dei preziosi consigli e narrarmi molte cose sul conto di Kalani.
— E ti fiderai di lui?...
— Urada dirà a lui chi siamo noi e cosa abbiamo fatto per sua figlia e poi, se è caduto in disgrazia, sarà ben contento di aiutarci contro Geletè e Kalani.
— Hai ragione, Alfredo, io però non oserei recarmi da lui. Se si accorgono che noi abbiamo delle relazioni con un uomo caduto in disgrazia, questi negri sospettosi potrebbero allarmarsi.
— Non saremo noi che andremo da lui, Antao. Urada è già partita ed a mezzanotte lo condurrà qui con le dovute cautele.
— Morte di Nettuno!... Sei più astuto d’un diplomatico!...
— Bisogna esserlo, specialmente in questo paese.
— E domani andremo a visitare il gran cabecero?...
— Sì, Antao.
— Speriamo di sbrigarci presto. L’aria del Dahomey è troppo pericolosa per noi.
— Appena fatto il colpo, fuggiremo senza più arrestarci.
— E da qual parte?...
— Attraverseremo il regno per raggiungere le frontiere orientali che sono le meno popolate e quasi sempre sprovviste di truppe. Più saremo lontani dalla capitale, meno avremo da temere e oltrepassato il fiume Sou potremo riderci dei furori di Geletè.
— E di Kalani.
— Oh!... Kalani allora non sarà più vivo, — disse Alfredo, con voce cupa. — Quell’uomo morrà presto.
— Ed io ti aiuterò a torcergli il collo, amico mio.
— Silenzio, Antao, non è prudente parlare qui di Kalani. Corichiamoci fra le nostre casse ed attendiamo il padre di Urada. —
Alfredo ed il portoghese stavano per coricarsi, quando videro tornare il soldato seguìto da quattro amazzoni armate di fucile e da sei negri quasi nudi che portavano dei grandi canestri.
Venivano da parte del grande cabecero, il quale, lietissimo del regalo ricevuto, mandava agli ambasciatori del Borgu una copiosa cena e due schiavi per servirli.