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186 Capitolo venticinquesimo

Aizzando i cavalli per tema di non sapersi frenare, i due bianchi sorpassarono ben presto quella colonna, ridiscendendo nella pianura, in mezzo alle cui erbe si scorgevano dei piccoli villaggi.

Ma anche laggiù altri drappelli di soldati s’incontravano di frequente e quasi tutti avevano dei prigionieri. La guida però apriva dovunque il passo alla carovana, pronunciando semplicemente il temuto nome di Geletè.

Alla sera i viaggiatori fecero alto a Tado, un villaggio popoloso che si trova a dieci miglia dal fiume Koufe, all’intorno si erano accampate altre bande armate, le quali fecero tutta la notte un baccano infernale, impedendo ai due bianchi di chiudere gli occhi. Urlavano a squarciagola, bevevano grandi quantità di liquori per festeggiare il felice esito della loro triste spedizione, ma anche altercavano di frequente, adoperando le armi da fuoco.

Quando Alfredo ed i suoi compagni ripresero la marcia, numerosi cadaveri erano sparsi per gli accampamenti. Alcuni forse erano di schiavi, ma molti di soldati, uccisi durante quelle risse.

— Auff?... — esclamò Antao. — Ne ho abbastanza di queste canaglie e sarei contento di giungere a Kana senza la loro pericolosa compagnia. Finirò per perdere la calma e commettere qualche imprudenza.

— Saremmo costretti ad inerpicarci sugli altipiani attraverso a boscaglie pullulanti di serpenti, — rispose Urada, che cavalcava presso di loro, — mentre in breve possiamo giungere sulla via reale che è una delle più belle di tutto il paese e la più comoda.

— È vero, — disse Alfredo. — Ho udito parlare della bellezza della strada reale.

— Ma sarà piena di soldati, Alfredo.

— È probabile, ma cercheremo di lasciarceli dietro.

— Ed assisteremo ad altri orrori.

— Pur troppo, Antao, la prudenza però ci consiglia di chiudere gli occhi e di non intervenire. Quegli orrori si commettono per volere di Geletè, e non possiamo suscitare sospetti su di noi. Siamo ambasciatori e come tali dobbiamo conservare la più stretta neutralità. D’altronde prima del tramonto giungeremo forse a Kana, è vero Urada?...