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La Città Santa del Dahomey 185

europei, purchè non ti lasci sfuggire uno dei tuoi pianeti morti o vivi.

— Comincerò da quest’oggi a sopprimerli tutti, — disse il portoghese. — Morte di Net... Diavolo! Bisognerà che mi tagli la lingua o mi scapperà fuori sempre qualche pianeta.

— O renderla muta, Antao.

— Bella trovata!... Dinanzi a Geletè fingerò di essere muto.

— E credo che farai bene. —

Mentre così chiacchieravano, cavalcando l’uno vicino all’altro, il soldato dahomeno, un giovane negro, ma dall’aspetto marziale e dagli sguardi assai intelligenti, marciava con passo rapido attraverso a dei sentieri aperti fra la foresta e forse a lui solo noti.

Giunti sulla vetta d’una piccola collina, la carovana raggiunse un’altra banda di soldati composta d’un centinaio d’uomini tutti armati, i quali si spingevano innanzi due dozzine di prigionieri fra maschi e femmine.

Questi disgraziati, destinati molto probabilmente a venire sacrificati nella prima festa dei costumi, procedevano su due file, legati gli uni agli altri con solide corde e sotto una continua pioggia di bastonate, date senza misericordia, e ricevute con una rassegnazione inaudita.

Per impedire loro di gridare, i feroci guardiani avevano messo sulle bocche di quelle future vittime dei bavagli di legno in forma di croci, che dovevano farli anche crudelmente soffrire, poichè l’estremità a punta era applicata sulla lingua, in modo che questa non potevano muoverla in modo alcuno, nè articolare qualsiasi suono.

Alcuni soldati, vedendo la carovana, armarono precipitosamente i fucili, ma una parola della guida bastò per arrestarli, anzi, tutti si ritrassero precipitosamente per far largo ad Alfredo ed al suo compagno, i quali tenevano ben alti i loro ombrelli per dimostrare la loro alta posizione sociale.

— Canaglie!... — borbottò Antao, gettando uno sguardo compassionevole sui prigionieri. — Se non vi fosse da salvare il ragazzo, vorrei trattare come si meritano questi soldatacci.

— E credi che io non frema, — disse Alfredo, che allungava involontariamente le mani verso la carabina sospesa all’arcione. — Ma un allarme perderebbe noi ed anche il mio Bruno e non dobbiamo commettere una tale imprudenza. —