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184 Capitolo venticinquesimo

Il capo si volse verso i suoi guerrieri e fece cenno ad uno di essi di avvicinarsi:

— Tu condurrai questi uomini a Kana, — gli disse. — Il re li aspetta e mi risponderai di essi colla tua testa.

— Sta bene, capo, — rispose il soldato.

— Buon viaggio, — disse poi, rivolgendosi verso i due ambasciatori. — Più nessuno vi susciterà ostacoli. —

Ad un suo ordine la truppa si divise e la carovana sfilò fra quei feroci negri che le presentavano le armi come i soldati europei.

— Morte di Giove!... — esclamò Antao, respirando a pieni polmoni. — Non credevo che questo incontro terminasse così felicemente; sei un diplomatico da dare dei punti ai più astuti.

— Ho voluto prendere sul serio la mia parte, — disse Alfredo, ridendo, — ed ho voluto cominciare con un felice colpo di testa. Non era d’altronde una cosa così difficile come sembrava, sbarazzarci da quelle canaglie. In questo paese basta pronunziare il nome del re, per far tremare grandi e piccoli.

— Ma tu hai detto a quel capo che il re t’aspetta, mentre non è vero.

— Che importa?...

— Se Geletè sapesse che tu hai mentito?...

— Nessuno oserebbe andarglielo a dire, Antao.

— Ma cosa faremo ora di quella mignatta, che il capo ci ha appiccicato ai fianchi?...

— Del negro che ci serve di salvacondotto?... Quando saremo a Kana, lo manderemo indietro con qualche regalo pel capo.

— Temo che tu giuochi delle carte pericolose, Alfredo.

— Lo so anch’io, ma non possiamo fare diversamente. È giunto il momento di giuocare d’audacia per salvare la nostra pelle e mio fratello.

— Quando saremo a Kana, farai avvertire il re del nostro arrivo?...

— Certo, Antao.

— Speri di venire ricevuto?...

— Lo credo.

— Sai che mi sento venire la pelle d’oca, pensando che dovremo trovarci con quel barbaro sanguinario, a cui un solo sospetto sarebbe sufficiente per mandarci all’altro mondo?...

— Non temere, Antao. Nessuno potrà sospettare in noi degli