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178 | capitolo ventiquattresimo |
rispose Alfredo. — Quando però la nostra missione sarà terminata, dovrai consumare del buon sapone, se vorrai ridiventare bianco come prima.
— Così almeno non vi sarà il pericolo di giungere ad Abomey mezzo bianco e mezzo nero. Temevo che il sudore potesse guastare la mia toletta.
— Non dubitare; la tua tinta resisterà all’acqua ed al sudore. Fermo, amico: lasciati dipingere. —
Sturò una di quelle bottiglie, bagnò il pennello e cominciò a tingere, deponendo sul viso, sul collo, sul petto, sulle braccia e sulle mani del portoghese un superbo strato bronzino, ma che aveva dei riflessi rossastri, perfettamente identico al colore della pelle dei negri delle alte regioni e dei rivieraschi del Niger.
Il portoghese lasciava fare, ma di tratto in tratto prorompeva in scrosci di risa, ai quali facevano eco quelli di Urada, di Asseybo e dei due dahomeni.
Essendo quell’operazione stata fatta al sole, bastarono pochi minuti perché il gran calore asciugasse la tinta.
Alfredo, che agiva colla maggiore serietà, appese allora agli orecchi dell’amico due grossi anelli di rame dorato, come usano portare gli indigeni del Borgu, poi gli mise attorno al collo parecchie file di perle rosse ed azzurre, quindi gli appiccicò al mento una barbetta nera piuttosto rada che doveva dargli un aspetto più fiero e gli mise sul capo un ampio fazzoletto rosso annodato sul di dietro, adorno di alcuni ricami e che doveva produrre un grande effetto anche nella capitale del potente Geletè.
— Un negro magnifico!... — esclamarono Asseybo e Urada.
— In tutto il Borgu non se ne troverebbe uno più fiero, né più bello.
— Per Giove!... — esclamò Antao. — Quale disgrazia il non possedere uno specchio, fosse pure di due soldi.
— Forse ad Abomey ne troveremo qualcuno, Antao — rispose Alfredo. — Ti basti per ora sapere che sei il più bel negro dell’Africa equatoriale.
— Hai finito?...
— Non ancora. Bisogna pensare a tutto. Infatti che cosa direbbe Geletè, se tu ti presentassi cogli stivali e le calze?... Occorre essere negri dai piedi alla testa. —